È stata la presidente dell'Eurocamera, Roberta Metsola, a confermare ieri all'emiciclo che i giudici ungheresi hanno chiesto formalmente la revoca dell'immunità per Ilaria Salis. Nella plenaria di Strasburgo riesplode così il caso della neo eletta di Alleanza Verdi Sinistra; uscita da un carcere di Budapest il 23 maggio scorso e trasferita ai domiciliari, poi tornata in Italia e infine candidata con successo alle europee da Avs. Immediata la reazione di Salis, via social, per la richiesta venuta non solo dalla compagine politica del premier Orbán, ma dalle autorità competenti ungheresi.
Salis ha chiesto all'Europarlamento di schierarsi in sua difesa non senza punte di vittimismo: «È tempo di mobilitarsi di nuovo, in nome dell'antifascismo, della democrazia e di vera giustizia», ha scritto nonostante sappia che Strasburgo non entrerà nel merito delle accuse pendenti su di lei. La commissione giuridica del Parlamento Ue (la Juri) non esamina infatti la colpevolezza o meno e non si pronuncia sulla pertinenza del procedimento giudiziario, si limita solo a stabilire se dalla necessità di salvaguardare l'indipendenza del Parlamento discenda un ostacolo per il processo in Ungheria. La Juri non entra neppure nel merito dei sistemi giuridici e giudiziari nazionali, ma Salis cavalca l'onda: hanno avviato l'iter il giorno dopo il mio intervento in cui ho criticato Orbán, attacca. «Non è una coincidenza, i tiranni faticano a digerire le critiche, auspico che il Parlamento scelga di difendere lo stato di diritto senza cedere alla prepotenza di una democrazia illiberale».
Il primo round «ufficiale» tra lei il magiaro c'è stato il 9 ottobre, nel discorso in cui Orbán tracciava le priorità della sua presidenza di turno del Consiglio dell'Ue. Un faccia a faccia contraddistinto dal canto di Bella Ciao del gruppo La Sinistra e dalle provocazioni di Salis; non più da insegnante-militante che ha trascorso 15 mesi in detenzione preventiva, ma da rappresentante dell'Italia.
Secca la replica del portavoce dell'esecutivo di Budapest: «Ti comporti come se fossi una specie di vittima, è sconcertante, disgustoso - scrive su X Zoltan Kovacs - Non siete stati arrestati per le vostre opinioni politiche, ma processati per aggressione armata contro innocenti ungheresi (...) non sei una democratica e non sei un martire, sei una comune delinquente». Di ieri, la notizia che in Germania è stato arrestato un estremista di sinistra, Thomas J., 48enne ritenuto il responsabile della logistica e addestratore alle arti marziali della «banda del martello» di Lina Engel, «mente» di molti attacchi a neonazisti sospettata di sodalizi proprio con altri fermati a Budapest assieme a Salis, i quali sarebbero stati in contatto con Engel & Co. per spedizioni punitive, a caccia di estremisti di destra in giro per l'Europa.
Per il legali di Salis, la questione è invece tutta politica. «La richiesta di revocare l'immunità è strumentale», danno fastidio le sue denunce «sulla mancanza di diritti» a Budapest. Per Salis, «non sussistono le condizioni» affinché lì possa svolgersi un processo giusto. «Né per me, né per Maja (l'attivista tedesca con cui ha condiviso la cella, ndr) né per nessun oppositore politico, tantomeno se antifascista». Non rischia il seggio, Salis. Un eurodeputato rimane in carica anche in caso di revoca dell'immunità. La commissione Juri convocherà verosimilmente tre riunioni.
L'esame a porte chiuse include una presentazione del relatore, l'eventuale audizione del deputato, scambio di opinioni e voto. Per Elly Schlein è «un accanimento, il Pd voterà contro». «Richiesta legittima» di Budapest, per Susanna Ceccardi, eurodeputata della Lega. Più cauta Forza Italia.
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