nostro inviato a Bruxelles
Le speranze sono ormai al lumicino, visto che anche Sarkozy - dopo che i tedeschi della Merkel hanno assunto il ruolo di grandi elettori dell'ex premier polacco - ha fatto sapere che per lui Jerzy Buzek può essere un «eccellente» presidente del rinnovato Parlamento europeo. Ma Berlusconi e Frattini non mollano l'idea di avere Mario Mauro in quel posto. «Il nostro lavoro è in progress - fa sapere il ministro degli Esteri dai saloni del palazzo che ospita il summit dei capi di Stato e di governo - e noi restiamo convinti della candidatura che è stata avanzata. L'importante poi è che anche Joseph Daul (l'alsaziano fatto capogruppo del Ppe due anni e mezzo fa, al momento in cui il tedesco Poettering lasciò l'incarico) si renda conto che il Pdl è il partito che ha preso più voti
».
Già. I conti. Sono quelli che snocciola alla fine del vertice Silvio Berlusconi. «Oltre a Mauro, che qui qualcuno tende a dipingere come un ultrà cattolico, dimenticando magari che altri sono luterani o addirittura
calvinisti, mentre si tratta di degnissima persona stimata da tantissimi che lo hanno conosciuto nel suo ruolo di parlamentare e poi di vicepresidente del Parlamento europeo per 5 anni, c'è un candidato polacco. Ma io voglio ricordare che non solo l'Italia non ha la presidenza dal '79, quando cioè venne eletto il primo Parlamento a suffragio diretto, ma che siamo anche il Paese che ha portato al voto il 67% dei suoi cittadini, contro il 24% appena dei votanti polacchi. Siamo quasi alla pari dei tedeschi negli eletti del Ppe e comunque abbiamo 35 parlamentari contro i soli 25 dei polacchi
».
Non si rinuncia, insomma. Ma certo pesano le scelte di Merkel e Sarkozy. E naturalmente, anche quelle del Pd che da giorni faceva sapere che mai e poi mai avrebbe potuto accettare Mauro come rappresentante del Ppe da votare, per poi ottenere metà legislatura per il socialdemocratico tedesco Schulz e che l'altro giorno l'ha messo nero su bianco. «Ho letto una dichiarazione della delegazione della sinistra che dice che voterà contro il nostro candidato alla presidenza del Parlamento europeo - si lancia allora Berlusconi - ed è una vergogna perché ricordo che quando ci fu da votare Prodi a presidente della commissione, noi il nostro voto lo demmo!».
Gli fa eco Frattini: «Vergognoso che la delegazione del Pd possa votare contro Mauro!».
Ma l'agguato ormai è partito. E serve a poco che il neoeletto Sassoli (Pd) provi a spiegare poi che non esiste ancora ufficialmente una candidatura Mauro e che per questo non se ne può discutere. Prevale ancora una volta la logica del branco tra gli italiani nell'Europarlamento. Amici del tuo nemico. Pronti a votare un popolare polacco (cui non più tardi di un anno fa la sinistra italiana riservava insulti e contumelie) se questo evita di fornire un soddisfacente carniere a Berlusconi.
I giochi non sono ancora del tutto fatti. A fine mese, nuova riunione del bureau del Ppe. Poi, il 7 luglio, candidature al voto. Berlusconi e Frattini non depongono le armi, ma il premier fa sapere che se Mauro dovesse uscire sconfitto, non se ne starà a piangere il latte versato. Contropartite? Forse. Non Frattini ministro degli Esteri europeo col trattato di Lisbona («me lo tengo stretto al fianco vista la sua bravura»).
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