Faceva l’hyppie negli anni 60 Ora predica il terrore islamico

IDEE Si fa chiamare sceicco Abdalqadir e auspica l’avvento di un califfato europeo

Un tempo era Maurice il maghetto telepata, protagonista dell’indimenticabile finale di 8½ di Fellini. Oggi si fa chiamare Shaykh Abdalqadir asSufi Al Murabit ed è uno dei profeti nel nuovo integralismo islamico. Uno dei tanti che tra un sito internet e un sermone televisivo auspicano il ritorno all’era del profeta Maometto e il taglio della carotide per tutti gli infedeli.
In 47 anni il vecchio attore Ian Dallas, alias Sceicco Abdalqadir asSufi Al Murabit, di strada ne ha fatta. E non soltanto in senso spirituale. Dopo una vita da vagabondo sulle strade dell’islam questo ex protagonista della «swinging London» - capace a suo tempo di farsi notare da Federico Fellini e d’ispirare stelle del rock come Eric Clapton - è approdato in Sudafrica da dove guida una congregazione di fanatici dell’islam integralista forte di oltre diecimila cultori. Diecimila fedeli, sparsi tra la Danimarca e l’Indonesia sempre pronti a darsi appuntamento su internet per ascoltare i suoi sermoni e le sue prediche. Diecimila zeloti convinti che il mondo abbia irrimediabilmente perso la strada della purezza e dell’integrità e possa tornare alla retta via soltanto sconfiggendo gli ebrei, ripristinando il Califfato e ritornando a usi e costumi dei tempi di Maometto. Più del verbo stupisce però la voce. Dietro l’ennesima corrente dell’integralismo fondamentalista c’è un 89enne di origini scozzesi famoso in gioventù per tirar tardi al fianco di cantanti come George Harrison ed Edith Piaf. Erano i tempi della «swinging London» e il futuro sceicco, appena sceso da una sperduta contea delle Highlander scozzesi, non sembrava disposto a rinunciare a una vita tutta droga, sesso e Rock ’n roll. Alloggiato nel cuore di Chelsea, il quartiere londinese considerato all’epoca il cuore della nuova rivoluzione bohemiénne, il signore Ian Dallas amava intrattenersi con gli amici parlando di cinema, amore e musica. Con il primo campava, strappando alla Bbc la regia di numerose versioni televisive di classici della commedia. Con amore e musica riempiva le serate in compagnia di tanti amici ricchi e famosi. Erano gli anni in cui 8½ e Federico Fellini erano all’apice del successo internazionale. Anni in cui una parte anche piccola nel capolavoro del Maestro equivaleva a un passaporto per il mondo della celebrità.
Erano gli anni della coppia aperta e dell’amore libero, anni in cui la splendida modella Patty Boyd cercava di resuscitare le perdute attenzioni del marito George Harrison scivolando nel letto di amici e colleghi. Così quando dopo John Lennon e Mick Jagger venne il turno di Clapton l’intraprendente Ian Dallas decise di dare una mano. Di ritorno da un viaggio alla ricerca della nuova fede portò in regalo ad un Eric Clapton sempre più innamorato il libro della svolta. Si chiamava Leyla ed era l’antica parabola persiana di una principessa sposata con l’uomo sbagliato. Il musicista se lo bevve in un fiato, lo trasformò in canzone e in poche settimane conquistò sia la vetta delle hit parade sia il cuore di Patty.
Mezzo secolo dopo pochi riconoscerebbero nel signor Ian Dallas la stessa vena ispiratrice. Trincerato nel suo eremo sudafricano il vecchio «highlander» rinato nelle vesti dello sceicco Abdalqadir spara a zero contro il calcio e il cinema colpevoli di «degradare il proletariato» e auspica l’avvento di una nuova età dell’oro. Convinto, come tanti suoi fedeli, che il mondo sia nelle mani dei giudei auspica e profetizza l’imminente svolta. Allo scoccare della nuova era Inghilterra ed Europa piegheranno la testa alla volontà dei cittadini ormai in maggioranza fedeli a Maometto e accetteranno l’istituzione di regni islamici guidati da un consiglio musulmano.
L’ex maghetto del film di Fellini ha una spiegazione anche per chi in Occidente continua a guardare con timore e paura al terrorismo islamico. A dar retta a lui quelle paure sono figlie dei complotti della Cia sempre pronta ad inventarsi nuovi 11 settembre e a mandare allo sbaraglio disgraziati con l’esplosivo nascosto nelle scarpe e nelle mutande per far credere che l’islam minaccia il mondo.

Invece spiega l’anziano predicatore «l’islam è buono e generoso» e presto «miliardi di schiavi del capitalismo prigionieri del nostro mondo la smetteranno di temere le bombe o le mutande esplosive di alcuni idioti agenti del capitalismo e cercheranno di apprenderne l’essenza».

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