No, non ci sto a giocare a guardie e ladri, non ci sto a tifare per la seconda squadra e non ci sto a lasciare a rossi & viola il monopolio della protesta contro la corruzione. I brutti giorni che stiamo passando stanno facendo due danni: il primo, vistoso, è il marcio che affiora con il disgusto popolare che segue. Il secondo è nella falsa geografia politica e civile che disegna: di là i nemici della corruzione, di qua i complici. Ovvero chi vota Di Pietro e un po’ Bersani avversa la corruzione, chi vota Berlusconi e il centrodestra avversa i giudici.
Poi, al di sopra della mischia, come l’aquila del fernet, vola il capo dello Stato, seguito a ruota dal presidente della Camera e dagli stormi di anime belle del terzismo nazionale tra politica, stampa e impresa. È una rappresentazione falsa e ingiusta che offende la realtà e milioni di italiani per bene che votano per il centrodestra: gente onesta e laboriosa, che crede nel merito e nella responsabilità, detesta i malandrini e li vorrebbe in galera. E tra questi, permettete di dirlo, ci sono molti che leggono e che scrivono sul Giornale. Denunciare l’uso politico e persecutorio della giustizia da parte di alcuni magistrati non significa sbrigare la corruzione che sommerge l’Italia come un’invenzione di magistrati invasati. Esiste, eccome, una corruzione vasta e trasversale, che va da destra a sinistra, centro e imprese incluse, e che alligna nelle viscere profonde del Paese. Certo, bisogna distinguere gradi di responsabilità e livelli diversi di marciume. E non va confuso né barattato il problema dell’uso distorto delle inchieste e delle intercettazioni, che è vero, acuto e urgente, con il problema del malaffare, che è un cancro altrettanto vero, diffuso e urgente. Esistono entrambi, non vedo perché nel nome di un problema si debba negare l’altro, e viceversa.
A volte si corre il rischio, per amor di polemica e gusto di contrapposizione, di corrispondere al quadretto che fanno gli avversari politici, e pur di rispondere con i ruggiti a chi ringhia e ulula dalla parte opposta, si dona loro la bandiera della lotta alla corruzione, fino a detestare la questione morale perché si colora di viola, che è poi un rosso alterato dal livore.
La soluzione, naturalmente, non è quella di accodarsi al popolo violaceo, o di diventare, come taluni reduci di An, gli ascari, le truppe di colore, al seguito dei viola; magari in versione più tenue, diciamo il popolo lilla o indaco. Io credo invece che si debba rimarcare sul fronte della corruzione un altro tipo di differenza: mentre loro gorgheggiano e rumoreggiano contro la corruzione, noi agiamo concretamente contro di essa, cercando di colpire e delimitare i casi e non dilatando il male a tutto e tutti. Sì all’azione penale rapida e incisiva, no alla legge del sospetto. Realismo contro utopia, efficacia contro demagogia. Un esempio concreto ma poco evidenziato nei media, è la battaglia contro mafia, ’ndrangheta e camorra: beh, io non vedo sgominata la criminalità, figuriamoci, ma se faccio il paragone tra i governi in carica devo dire - dati alla mano - che sono stati arrestati e colpiti più mafiosi con il governo Berlusconi che con il governo Prodi e la sinistra.
L’emergere di scandali in questo periodo più che in quello precedente non vuol dire che il malaffare appartenga all’era Berlusconi, ma solo che oggi stanno venendo in superficie le fogne che attraversano l’Italia di Berlusconi e l’Italia di sinistra. Dai telefoni alla Protezione civile, dagli scandali regionali ai parlamentari collusi, il bipolarismo della corruzione si alterna a rime baciate. Le vicende giudiziarie di Berlusconi riguardano invece un periodo antecedente, non c’entrano con i nostri anni. Per questo è assurdo ridurre la questione giustizia al caso B.; lo dico alla sinistra ma anche ai berlusconiani.
A me piacerebbe sapere che il governo, le istituzioni, e la maggioranza del parlamento e del Paese, sostengono davvero la lotta alla corruzione come la lotta alla criminalità. Con la differenza, rispetto all’opposizione e alla sinistra plateale e giacobina, che loro fanno processi ideologici di piazza, e gridano, urlano, si mascherano in quaresima contro la corruzione; mentre da queste parti preferiscono puntare ai risultati, circoscrivere il malaffare e prendere la mira. Non mi faccio illusioni, ma penso che sia questo l’atteggiamento giusto, per il bene dell’Italia, per il male della corruzione, e anche, se permettete, per non lasciare alla sinistra violacea il monopolio dell’indignazione e della questione morale. Questo si sposa con una considerazione storica che vorrei non fosse dimenticata: di Tangentopoli va criticato l’uso unilaterale, fazioso, ideologico delle inchieste, ma non va negata né la necessità di una forte azione giudiziaria né l'esistenza diffusa del marcio.
Questa valutazione, oltre che storicamente vera, serve anche a capire perché poi un Paese indignato dalla corruzione premiò l’alleanza tra destra, moderati e Lega, promossa da Berlusconi. (Queste cose le scrivo da anni anche se un ex-amico andato all’aceto, che si è bevuto pure il cervello, mi ha accusato di aver scoperto la corruzione solo adesso, per un trasformismo che non fa parte della mia indole e biografia).
Insomma, vorrei che di fronte alla corruzione, la differenza tra il Pdl e i giacobini - in rosso, in toga e in viola - fosse questa: voi romanzate la corruzione come un poema universale, noi la combattiamo caso per caso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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