Autismo nei bambini, tra miti da sfatare e azioni preventive

Le ultime evidenze scientifiche emerse dal workshop Italy at INSAR aprono la strada a un salto di qualità nel modo in cui si affronta questa condizione complessa

Autismo nei bambini, tra miti da sfatare e azioni preventive

La loro diffusione è cresciuta tanto che oggi si stima che in Italia un nuovo nato su 77 sarà affetto da disturbi dello spettro autistico. L’eterogeneità delle loro manifestazioni, così come la varietà dei livelli di gravità, è tale che l’insieme di questi disturbi del neurosviluppo riguarda una casistica amplissima di soggetti. Eppure, nonostante i notevoli sforzi dedicati dalla comunità medica e da quella scientifica internazionale ad approfondire ed esplorare questa condizione, l’autismo resta per molti versi un oggetto misterioso.

A confermarlo è quanto emerso nel corso della quarta edizione di Italy at INSAR, workshop che si è svolto il 10 e 11 novembre a Como e che ha riunito nel capoluogo lariano una trentina dei più importanti ricercatori e specialisti italiani nell’ambito dei disturbi dello spettro autistico. L’evento, organizzato dalla Fondazione VSM di Villa Santa Maria, Centro di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza con sede in Tavernerio (Como), con il patrocinio del Consiglio regionale della Lombardia e della Fondazione Alessandro Volta, rappresenta ormai da alcuni anni l’occasione per fare il punto sulle ultime evidenze scientifiche nel campo dell’autismo e per affrontare da prospettive diverse questo mondo complesso.

L’autismo

“L’autismo rappresenta una delle sindromi più complesse e, nelle forme più gravi, più difficilmente gestibili che emergono nell’età evolutiva”, spiega il professor Enzo Grossi, direttore scientifico della Fondazione VSM. “Le sue manifestazioni sono molto varie, per questo si parla di spettro autistico. Esistono vari livelli di gravità, da forme più sfumate ad altre molto acute cui spesso si accompagna un quadro di ritardo mentale. Questo spiega perché nello spettro autistico possa rientrare - per sua stessa dichiarazione - anche l’uomo più ricco del mondo, Elon Musk”.

Enzo Grossi
Da destra Enzo Grossi, Gaetana Mariani e Alessandro Fermi

I segnali

L’autismo è caratterizzato da una serie di anomalie nei comportamenti non verbali che regolano l’interazione sociale, dal mancato sviluppo di appropriate relazioni con i coetanei, dalla mancanza di tentativi di condivisione di esperienze, piaceri e interessi, dall'assenza di reciprocità emotiva e sociale. “Già dai primi mesi di vita si possono cogliere alcuni segnali”, spiega la professoressa Costanza Colombi, psicologa e accademica dell'IRCCS Stella Maris di Calambrone (Pisa) e docente negli Stati Uniti all'Università del Michigan, che nel corso del workshop a Como ha tenuto una Lettura Magistrale sugli interventi nel primo anno di vita. “Ad esempio un piccolo che non guarda la madre negli occhi, che ha comportamenti ripetitivi, senza gestualità e voce, tanto da suggerire a torto una possibile sordità o un deficit visivo, è sicuramente un soggetto che merita un approfondimento”.

La diagnosi e l’intervento

“In media si arriva alla diagnosi di questa condizione intorno ai quattro anni, in ritardo rispetto a quella che sarebbe la finestra di intervento ideale”, prosegue la professoressa Colombi. Per accompagnare i bambini verso un percorso di miglioramento, infatti, prima si comincia e meglio è. “L’ideale è riuscire a intercettare l’autismo entro i primi due anni di vita, perché intervenire subito significa ottenere un impatto maggiore alla luce della grande plasticità che i bambini hanno nelle primissime fasi. Io sono dell’idea che identificare l'autismo nei primi mesi di vita apra addirittura uno spiraglio alla prevenzione: per questo è fondamentale accorgersi subito dei possibili campanelli d’allarme”. In tal senso “un aiuto prezioso può arrivare dall’intelligenza artificiale, che rappresenta lo strumento che può consentirci di mettere a sistema esperienze di identificazione precoce dei segnali di rischio che si sono rivelate efficaci negli ultimi anni”, sottolinea il professor Grossi.

A chi rivolgersi

“Non bisogna allarmarsi ma nemmeno sottovalutare i segnali prodromici. Il livello socio-comunicativo del bambino, ad esempio, viene spesso trascurato anche dai professionisti della salute, perché si tendono a guardare solo gli aspetti molto deficitari”, sottolinea la professoressa Colombi. Il pediatra è in genere il primo punto di contatto per i genitori e svolge un ruolo importante nel riconoscimento precoce dei disturbi dello spettro autistico. Può procedere con i primi test di screening oppure decidere di inviare il bambino ai servizi per l’età evolutiva per una diagnosi clinica neuropsichiatrica più accurata e l’eventuale presa in carico.

Costanza Colombi
Costanza Colombi

Cosa accade dopo

Ci sono degli identificatori, degli esami da fare. L’elettroencefalogramma, ad esempio, può essere d’aiuto in fase di indagine. “L’autismo è caratterizzato da deficit persistenti nella comunicazione e interazione sociale, da difficoltà a esternare i propri sentimenti e a leggere i sentimenti altrui, da una diversa sensibilità agli stimoli ambientali oltre che da comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi. Io tempo fa avevo un'idea dell'autismo simile a quella di una sindrome, con una traiettoria abbastanza predeterminata.

Grazie all’esperienza degli ultimi anni, però, la mia percezione sta cambiando. Ci sono alcuni studi che mostrano traiettorie evolutive e anche se l'argomento è ancora molto aperto, le iniziative precoci possono sicuramente dare un contributo significativo”, conclude la professoressa Colombi.

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