La lotta contro il diabete di tipo 1 si arricchisce grazie al sostegno fornito dalla combinazione di due soluzioni, in grado non solo di agevolare la diagnosi precoce nei soggetti a rischio, ma anche di ritardare e contrastare l'insorgenza degli effetti di questa patologia cronica autoimmune: all'azione del "teplizumab", un nuovo anticorpo monoclonale, si aggiunge infatti l'importante contributo che deriva dall'applicazione di un rivoluzionario screening pediatrico universale di recente introdotto in Italia.
La patologia
Il diabete mellito di tipo 1 è una malattia autoimmune che insorge più spesso in ragazzi di età inferiore ai 20 anni, specie durante la pubertà, motivo per il quale era stato ribattezzato "diabete giovanile": non inganni, tuttavia, il fatto che più della metà dei pazienti rientri in questa ampia categoria, dato che la patologia si manifesta anche in età adulta. A causa di questa condizione cronica, il nostro sistema immunitario "impazzisce" e prende di mira, distruggendole, le cellule beta pancreatiche, causando solitamente insulino-deficienza.
La ricerca scientifica, negli ultimi anni, ha focalizzato la propria attenzione sull'individuare dei rimedi in grado di ritardare l'esordio della patologia nei soggetti più a rischio, ma i risultati non si sono rivelati incoraggianti. La spinta dell'immunoterapia e l'utilizzo sempre più ampio degli anticorpi monoclonali ha permesso di apprezzare i benefici che può comportare in casi del genere il "teplizumab", farmaco che agisce direttamente sul sistema autoimmune del diabete di tipo 1.
Il nuovo farmaco
Grazie al suo uso è possibile ostacolare la progressione della patologia nei soggetti ad alto rischio, e questo perché teplizumab, come detto, interviene sul meccanismo che attacca e rende inattive le cellule beta prodotte dal pancreas, presumibilmente grazie alla sua capacità di legarsi ai linfociti T citotossici responsabili di questa aggressione. Così facendo, grazie alla somministrazione per via endovenosa con un'infusione al giorno per 14 giorni, si può ritardare l'insorgere dei sintomi della malattia.
"Da oltre trent'anni si stanno cercando terapie alternative all'utilizzo dell'insulina, che ad oggi resta l’unico trattamento disponibile per il diabete di tipo 1", considera il presidente della Società Italiana di Diabetologia e responsabile dell'Unità di Diabetologia del Policlinico Umberto I di Roma Raffaella Buzzetti. Per ora l'anticorpo in Italia viene utilizzato solo in casi limitati, con pazienti a elevatissimo rischio di sviluppo della patologia. "In attesa dell’approvazione da parte dell'Agenzia europea per i medicinali e dell'Agenzia italiana del farmaco, questo farmaco rappresenta una nuova opportunità", spiega ancora la dottoressa
Screening pediatrico universale
Per contrastare il diabete di tipo 1, all'azione del nuovo farmaco si aggiunge il prezioso contributo fornito da uno screening universale per bambini e ragazzi di età compresa tra 1 e 17 anni, introdotto per la prima volta al mondo in Italia grazie a una legge approvata lo scorso anno. L'esame permette di rilevare nel sangue la presenza di specifici anticorpi in grado di aumentare anche dell'80% la possibilità dell'insorgere della patologia entro 5 anni.
A questo punto entra in gioco teplizumab, che può rappresentare un'importante forma di prevenzione: "I dati disponibili indicano che il teplizumab è in grado di ritardare la comparsa della malattia fino a tre anni. L’obiettivo è estendere ulteriormente questo periodo", precisa l'esperta, ritardando il più possibile i trattamenti con l'insulina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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