Morbo di Alzheimer: cause, sintomi e trattamento

La ricerca non si ferma e si pone obiettivi ambiziosi per il trattamento della forma di demenza più diffusa al mondo

Morbo di Alzheimer: cause, sintomi e trattamento

Fu descritto per la prima volta nel 1906 dal neuropatologo e psichiatra tedesco Alois Alzheimer. Stiamo parlando del morbo di Alzheimer, una malattia neurodegenerativa caratterizzata da una graduale e irreversibile perdita delle funzioni cognitive. Con circa 24 milioni di persone colpite in tutto il mondo (un anziano su quattro con più di 80 anni), questa è la forma di demenza più diffusa in assoluto.

Aspetto chiave della stessa è l'atrofia cerebrale, particolarmente marcata nell'ippocampo e nell'amigdala. Se all'interno dei neuroni si evidenzia la presenza di placche del cosiddetto peptide beta-amiloide, all'esterno sono stati invece individuati ammassi neurofibrillari di proteina Tau. Sappiamo che il morbo di Alzheimer colpisce soprattutto i soggetti di età avanzata ma si registrano anche casi giovanili.

Purtroppo le diagnosi sono in costante aumento con notevoli ripercussioni non solo sul sistema sanitario e sui malati ma anche su figure che lottano al loro fianco ogni giorno e che spesso vengono dimenticati: i caregiver. Secondo uno studio condotto dagli scienziati della Finlandia Orientale, oltre il 60% degli stessi sperimenta sintomi di depressione lieve. Ne abbiamo parlato in questo articolo.

Le cause e i fattori di rischio del morbo di Alzheimer

L'eziologia del morbo di Alzheimer è attualmente sconosciuta ma si ritiene che esso sia l'esito di una combinazione di fattori genetici e ambientali. Da un punto di vista genetico, ad esempio, il disturbo è strettamente connesso con la mutazione dei geni APOE-e4, APP, PSEN1 e PSEN2. Di recente, con uno studio pubblicato su Science, sono stati individuati nuovi geni incriminati dai ricercatori dell'Università della California: C4A, PVRL2 e APC1.

Un altro passo importante per la comprensione della malattia è stato quello compiuto dagli scienziati del Centro tedesco per le malattie neurodegenerative che hanno scoperto il legame tra il morbo di Alzheimer e la proteina Medin. Quest'ultima si deposita nei vasi sanguigni cerebrali e si aggrega alla proteina beta-amiloide. Ne abbiamo parlato in maniera dettagliata in questo articolo.

Non si devono infine sottovalutare i fattori di rischio:

  • Età avanzata;
  • Sesso femminile;
  • Traumi cranici;
  • Ipertensione;
  • Ipercolesterolemia;
  • Declino cognitivo tipico della vecchiaia;
  • Sindrome di Down;
  • Diabete di tipo 2;
  • Fumo di sigaretta.

I sintomi del morbo di Alzheimer

Le manifestazioni del morbo di Alzheimer variano a seconda delle fasi della patologia.

  • Sintomi della fase iniziale: lievi cambiamenti di personalità, ripetizione di domande, piccoli problemi di memoria a breve termine, mancanza di iniziativa, minime difficoltà di linguaggio, di calcolo e di ragionamento;
  • Sintomi della fase intermedia: ansia, depressione, sbalzi d'umore, problematiche di memoria a lungo termine, insonnia, atteggiamenti ossessivi, allucinazioni uditive, disorientamento spazio-temporale, episodi di comportamento paranoico, perdita di parte delle abilità cognitive;
  • Sintomi della fase finale: totale compromissione delle capacità cognitive, dimagrimento, delirio, perdita del controllo motorio e della funzionalità intestinale e vescicale.

La diagnosi del morbo di Alzheimer

La diagnosi del morbo di Alzheimer è di tipo differenziale e vede coinvolti diversi specialisti come il neurologo, lo psichiatra e il geriatra. Non esiste, dunque, un test specifico che individua la malattia, si deve semplicemente escludere che la sintomatologia sia espressione di altre malattie. Oltre all'anamnesi e all'esame obiettivo è importante l'esecuzione di test cognitivi e neuropsicologici (Mini-Mental Test), esami di laboratorio, TAC e risonanza magnetica cerebrale.

Gli scienziati dell'Università di Kaunas (Lituania) hanno sviluppato un modello basato sull'apprendimento profondo in grado di prevedere la possibile insorgenza del morbo di Alzheimer dalle immagini del cervello e con una precisione superiore al 99%. Il metodo ha ottenuto risultati migliori in termini di accuratezza, sensibilità e specificità rispetto agli strumenti diagnostici messi a punto in precedenza. Ne abbiamo parlato in questo articolo.

La cura del morbo di Alzheimer

Non esiste al momento una cura specifica per il morbo di Alzheimer. La terapia è sintomatica e mirata al miglioramento delle manifestazioni cognitive e psichiatriche. Nel primo caso i farmaci d'elezione sono gli inibitori dell'acetilcolinesterasi e la memantina. Nel secondo caso vengono somministrati gli antipsicotici e più raramente gli antidepressivi. I trattamenti non farmacologici contemplano la fisioterapia, la stimolazione cognitiva, la terapia occupazionale, comportamentale, del linguaggio e della reminiscenza.

Buone speranze sono riposte anche nella stimolazione magnetica transcranica che sarebbe in grado di rallentare l'avanzata della malattia. A sperimentarla per sei mesi su cinquanta pazienti un gruppo di medici dell'ospedale neuroriabilitativo Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma. Ne abbiamo parlato in questo articolo.

Ma è possibile prevenire il morbo di Alzheimer? Secondo gli scienziati dell'Università di Otago (Nuova Zelanda) basterebbero sei minuti di pedalata al giorno.

Infatti, dallo studio pubblicato su The Journal of Physiology, è emerso che un breve ma intenso esercizio fisico ad alta intensità aumenta la produzione di una proteina specializzata, il cosiddetto fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF), essenziale per l'apprendimento e per la memoria.

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