Fascino Bugatti un Grand Prix da 60milioni di euro

Una dopo l'altra sfilano rombando tra volute di fumo in un tripudio di clacson lungo il viale alberato: ci sono le voiturettes a passo corto, le biposto sport agili ed essenziali, le impareggiabili Grand Prix e le regine di eleganza, lussuose vetture di una classe senza tempo, con il caratteristico ovale rosso e bianco a sormontare il radiatore. Un colorato e preziosissimo caleidoscopio, stupefacente finestra sui ruggenti anni '20 e '30, con 119 equipaggi in arrivo dai quattro angoli del pianeta a festeggiare il centenario della gloriosa marque fondata a Molsheim, in Alsazia, dal lombardo Ettore Bugatti: un raduno internazionale da record che il Bugatti Club Italia ha portato sulle strade della Maremma, per un itinerario fascinoso tra arte, storia, cultura e tradizione. Più di 200 chilometri giornalieri alla guida delle proprie vetture, per una full immersion settimanale all'insegna del buon gusto e del fait bon vivre. Un raduno dai grandi numeri, con la produzione della mitica marque quasi rappresentata per intero dai partecipanti europei, statunitensi, australiani, neozelandesi e persino giapponesi; cifre di rispetto anche guardando al valore complessivo di mercato delle vetture riunite per l'occasione. La stima approssimativa di 60 milioni di euro è probabilmente in difetto. Se infatti una T 13 Brescia, costruita in 2mila esemplari a partire dal '25 derivandola dal modello da corsa è quotata attorno ai 200mila euro, per una Type 57 S1, come quella strepitosa del collezionista svizzero Franz, anno 1936, tra le più ricercate in assoluto, un assegno 30 volte superiore potrebbe non bastare. Va anche detto che chi possiede una Bugatti di solito se la tiene stretta. Come avviene per l'elegante e austera T57, la prima auto con gli ammortizzatori telescopici e il motore montato su blocchi di gomma, acquistata nuova nel 1938 e da allora nelle stesse mani, quelle della famiglia dei principi del Liechtenstein. Vero è che i bugattisti non sono solo teste coronate o tycoon: c'è l'americano William, giunto a bordo di una splendida T44 blu del 1928, restauratore e c'è pure il lombardo Giovanni, di professione imprenditore, che ha riportato in Italia una magnifica Type 35 B dal pedigree prestigioso, già condotta in numerose competizioni dall'asso delle corse Umberto Pugno e dal conte Emilio Gola. Nell'eterogenea compagnia, accomunata dall'amore sconfinato per le intuizioni tecniche e le soluzioni ingegneristiche con cui Ettore Bugatti ha spesso precorso i tempi, nonché dal piacere di sporcarsi le mani nello smontare e rimontare la meccanica, ecco David, un ex 007 della Cia, che ha trovato in Vietnam la sua T40 del 1928 riportandola all'antico splendore, l'olandese Evert, uno dei maggiori collezionisti al mondo, la cui passione l'ha spinto a creare un museo con pezzi d'epoca strabilianti (si trova a Raamsdonksveer, nel sud dell'Olanda) e qui al volante di una splendente T 54 del '32, e Francesco, professionista meneghino con il modello decano dell'intero gruppo, un'ammirata T13 rossa, la vettura del debutto della produzione ufficiale, chiamata la «Bugattina» per le sue dimensioni. La palma della più anziana va alla T 22 dalla linea sobria, prodotta nel 1920 e di proprietà di Lindsay, aristocratica inglese.

In Italia le Bugatti sono un centinaio, regolarmente censite da un registro storico che il club mantiene aggiornato. La più nota, la Type 37 azzurra, pressoché identica a quella posseduta dal grande Auguste Renoir, che ha trionfato nell'ultima edizione della Mille Miglia.

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