Faustini, poetessa dell’essenziale

Alessandro Massobrio

Se fosse possibile una sorta di analisi grafologica dei contenuti poetici, una analisi - intendo dire - capace di rivelare tratto, ritmo, inclinazione di quanto il poeta intende esprimere con i suoi versi, senza dubbio, nella poesia di Margherita Faustini il primo elemento a balzare agli occhi sarebbe proprio la profondità e l'essenzialità della parola. Un tratto, dunque, scavato, inciso sulla pagina più che con la penna con una sorta di bulino espressivo, capace di mettere in risalto l'essenziale, attraverso quel gioco di luce e ombra che ben conoscono gli scultori.
Mi vengono subito alla mente certe immagini bronzee di August Rodin e mi dispiace di non possedere il lessico e le capacità espressive di un Rainer Maria Rilke per riuscire a comunicarle a chi legge. Certo è che se Margherita Faustini possiede dello scultore in genere l'essenzialità, dallo scultore impressionista ha invece ereditato la capacità di ritmare tali immagini, attraverso un gioco di luci ed ombre, di silenzi e parole, in grado di conferire al suo canto un andamento aspramente musicale. Di cui lei solo conosce il segreto.
Non c'è infatti facile cantabilità nei versi di Margherita. Nessun tema come quello del ricordo della madre tanto amata e recentemente scomparsa avrebbe potuto suggerire ad un altro poeta rimembranze struggenti e cariche di risonanze. Tutto questo non avviene in Unico respiro. Il testo della Faustini vive infatti di una sua sdegnosa misura, di una rifiuto a rivelare troppo in profondità sentimenti troppo intimi. Essi esistono ma riaffiorano a tratti, proprio come la luce, rimbalzando sui panneggianti di certe figure scolpite, se fa emergere barbagli rivelatori.
Quando, per esempio, la poetessa, rievocando il passato, dice di se stessa e della madre: sono bambina / e tu giovane donna:/ riso esultante/ piglio combattivo, dinanzi agli occhi della nostra mente queste poche parole - e tra loro questi silenzi lunghi, densi di echi che salgono dalle profondità di quel pozzo infinito che è l'anima - sono in grado di delineare psicologie opposte ma complementari, che non raramente si colgono nel rapporto tra generazioni. Un genitore a cui la vita ha imposto il ruolo, autoritario, di chi guida ed un figlio che quel giogo d'amore ha talvolta magari avvertito come troppo pesante e di cui solo ora, scomparsa la persona amata, avverte come insopprimibile ed indissolubile.
Questo universo di sentimenti, questo intrico, fittissimo, di relazioni stanno così racchiuse in queste poche, essenziali parole, lasciate sapientemente colare dall'autrice, una dopo l'altra, sulla pagina bianca. Una a rincorrere l'altra, secondo una inclinazione - ed ecco la terza ed ultima specie grafologica di cui abbiamo fatto cenno all'inizio - che si protende verso l'alto e verso l'Altro.

Perché ormai il tuo spirito/ignaro della fatica/ e del dolore terreni/percorre l'Universo/nella contemplazione/ delle divine meraviglie.
Margherita Faustini, Unico respiro, con prefazione di Davide Puccini e postfazione di Rosa Elisa Giangoia, Il Libraccio Editore, Genova 2005, pag. 60, euro 7,00.

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