ROMA - Passi il federalismo purché si evitino le elezioni. L'idiosincrasia del Pd per un ricorso anticipato alle urne, che lo vedrebbe sconfitto, è tale da spingere i dirigenti del partito di Bersani verso una scelta clamorosa che consentirebbe al governo Berlusconi di proseguire la navigazione.
Nella Bicamerale che si dovrà esprimere sul decreto attuativo relativo al fisco municipale maggioranza e opposizione sono pari con 15 voti ciascuno. Prospettiva che prelude a una bocciatura. Nonostante i tentativi di recuperare alla causa il finiano Mario Baldassarri che ieri ha ricevuto un attestato di stima da parte del presidente della commissione Enrico La Loggia il quale ne ha lodato «l'onestà intellettuale».
Troppo incerto sarebbe il destino della legislatura per l'esitante Pd date le minacce del Carroccio in caso di stop al federalismo. E così la segreteria del Pd ha fatto balenare alla maggioranza la possibilità di un'assenza «strategica» di alcuni commissari. Un paio sarebbero già sufficienti a ripristinare i rapporti di forza.
E poi il Pd non ha mai fatto le barricate sul federalismo fiscale salvo presentare la scorsa settimana una proiezione allarmante sul riparto delle risorse tra i vari Comuni. Dunque in caso di approvazione avrebbe poco o nulla da farsi perodnare da parte della propria base. La linea soft è confermata anche dalle dichiarazioni poco «battagliere» rilasciate ieri sul tema ieri dai vari esponenti. «L'ultimatum della Lega è un bluff», commentava il deputato Francesco Boccia ricordando che «il federalismo dipende da Calderoli e da Tremonti e che il Pd non ha mai fatto mancare il suo contributo». Insomma, «se la Lega ha deciso di andare al voto, non può ridurre il federalismo a un giocattolo».
Il pretesto del senso di responsabilità dinanzi al Paese e dinanzi ai richiami del capo dello Stato è pronto. Non resta che attendere il momento propizio. Anche se non è da escludere che il Pd non si accontenti solo di evitare le elezioni.
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