La coppia d’oro di Juno ,il regista Jason Reitman e la sceneggiatrice Diablo Cody, torna alla riscossa con Young Adult , la storia di Mavis Gary (Charlize Theron), una scrittrice di romanzi per adolescenti semialcolizzata, piena di sé, sciatta, dipendente dalla tv spazzatura, senza amici né amori, tranne qualche scopata ubriaca di una notte e via, il cui unico compagno di vita è un cane a cui dedica poche attenzioni. In altre parole una bambocciona che sta per perdere la sua bellezza e che decide con un colpo di testa di tornare nel paesello natio del Minnesota per sedurre il suo ex del liceo, ora sposato e felice padre di un neonato, autoconvinta che sia l’uomo della sua vita. Inizia così un’umiliante ricerca del tempo perduto, per Mavis i presunti anni d’oro in cui era la reginetta della scuola. La sua strategia sembra uscita dai romanzetti che scrive, ma in questo caso la protogonista è una classica antieroina modello Diablo Cody, la ex stripper premio Oscar al suo primo copione, e ora mamma felice del piccolo Marcello- un nome che porta al collo in lettere dorate.
Come mai ha chiamato suo figlio Marcello?
«Mio marito è un fan sfegatato di Federico Fellini, e pure io, e quindi l’abbiamo chiamato così in onore di Marcello Mastroianni. Ma per ironia della sorte il mio piccolo Marcello Maurio è biondo e con gli occhi azzurri e sembra uno svedese».
Come la protagonista di questo film. Si è ispirata a qualcuno di particolare per questo personaggio?
«Tutti noi conosciamo persone immature che sono bloccate in una perenne adolescenza emotiva. Forse Mavis ha alcuni difetti in cui in passato mi sono riconosciuta, anche se adesso mi considero una persona adulta, con una famiglia e un lavoro regolare».
La maternità l’ha cambiata molto?
«Più come persona che come scrittrice. Quei cliché che dicono che un figlio ti sconvolge la vita e le priorità, sono reali. Ma nel contempo mi sento diversa dalla altre madri, forse a causa del mio lavoro. L’unica cosa che è cambiata professionalmente è che sono meno distratta e perdo meno tempo. Prima scrivevo in modo disordinato, quando ne avevo voglia, ora mi sforzo di uscire di casa alla stessa ora, e vado in ufficio o in un caffé a scrivere per 4- 6 ore, fino a quando ho la babysitter a casa, anche se non sono ispirata».
Dopo il successo improvviso di Juno si è sentita sotto pressione?
«Sì,avere così tanto successo all’inizio della tua carriera non è sempre una cosa sana, perché non ti dà la possibilità di crescere e di far gavetta anonimamente come la maggior parte dei tuoi colleghi. So che ho ancora molto da imparare e spero di diventare migliore con ogni progetto. Non ho mai pensato di essere particolarmente brava, ma sono stata molto fortunata ».
Cosa l’ha spinta a scrivere un’altra storia ambientata nel Minnesota di Juno e della sua giovinezza?
«Chiaramente si scrive spesso di ciò che si conosce bene. E trovavo interessante scrivere di qualcuno che invece di guardare avanti si attacca a un passato mitico. Mi ha stimolato anche la vera storia di quella tizia ossessionata dal suo ex che ha attraversato mezzi Stati Uniti in automobile indossando un pannolone per adulti per non perdere tempo. A suo modo romantica... Ma forse fra qualche anno scriverò di Los Angeles e di cose ispirate da mio figlio».
Lei si definisce femminista, una parola che molte a Hollywood rifiutano perché la considerano radicale e poco popolare.
«Essere femminista vuol solo dire essere a favore dell’uguaglianza tra i sessi. Rivendico questa definizione, e anche il diritto di creare eroine complesse, impopolari e non stereotipate, invece delle solite ragazze sorridenti e goffe delle tipiche commedie romantiche. Anche le donne possono essere volgari e immature. E devo ringraziare Charlize per aver accettato questo ruolo non sempre lusinghiero, senza di lei non avremmo potuto fare il film».
Lei ora sta per lanciarsi nella regia di un film che ha scritto e che sarà interpretato da Russell Brand, Julianne Hough e Holly Hunter. Come si è preparata?
«Non ho avuto tempo di andare a scuola di cinema, anche se mi sarebbe piaciuto farlo. Ma negli ultimi anni ho avuto la fortuna di poter rubare il mestiere sul set dei registi con cui ho collaborato, che penso sia la miglior educazione in assoluto».
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