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Festa del cinema, Bettini è pronto a lasciare

Non si ferma la polemica sul futuro della Festa del cinema. Dopo la lettera di Alemanno pubblicata lunedì dal Corriere della sera, ieri il quotidiano milanese ha ospitato una replica di Goffredo Bettini, presidente della Fondazione Cinema per Roma, che mette il suo mandato a disposizione del nuovo sindaco. Bettini nella lettera sottolinea di non aver «mai tenuto alle poltrone» e sostiene che la Festa a questo punto «merita parole chiare». Se queste parole non arriveranno, scrive «sarò allora io a dover giudicare se ci sono ancora i presupposti per andare avanti e se emergono linee di un progetto condivisibile».
Bettini ricorda che la Festa è gestita da una fondazione «partecipata da cinque soggetti istituzionali differenti che compongono il cda» e quindi sono loro che devono decidere «cosa fare, in piena libertà, e sapendo che il mio ruolo è a disposizione». Consapevole che «è difficile fare la Festa contro il Campidoglio», Bettini si ripromette «appena possibile, di approfondire con il sindaco Alemanno le questioni aperte che comunque vanno risolte entro pochi giorni». Anche se, è il rilievo del presidente della Fondazione Cinema per Roma, non sono a lui chiare «quali siano le proposte alternative e le correzioni da fare». «Noto solamente - conclude Bettini - che una certa mancanza di riserbo ha favorito chiacchiere e illazioni che hanno già fortemente danneggiato un evento che invece ha rapidamente conquistato un grado di fiducia in tutti i mercati internazionali e nei diversi ambienti del cinema».
Nessuna replica da parte del nuovo sindaco, ma tante prese di posizione. Come quella di Sandra Milo, che apprezza il fatto che Alemanno intenda fare della kermesse romano uno strumento di sostegno al cinema italiano. «Non ho mai apprezzato davvero che la Festa di Roma fosse diventata quella del cinema americano - dice la Milo -. Io già all’epoca a Veltroni glielo avevo detto che così non andava. Una volta c’era il ministero del Turismo e dello spettacolo, ma oggi chi difende davvero il cinema italiano?».
Più articolata la posizione del regista Enrico Vanzina, secondo il quale «in questo momento il cinema italiano non ha bisogno di fare una festa che sia totalmente a vantaggio delle grandi star che oscurano tutto il resto. Se la Festa del Cinema di Roma deve rimanere, allora è auspicabile un’attenzione maggiore al cinema italiano». Vanzina però non è favorevole a stravolgere un evento che «ha dato alla città una certa ribalta legata al cinema e la capitale è indissolubilmente legata al cinema». Quindi sì a dare più spazio al cinema italiano ma «sarebbe comunque un errore clamoroso non invitare nessun attore straniero in nome del protezionismo».
Una voce del tutto negativa è quella dell’attore idolo delle donne Riccardo Scamarcio. «Con questo sindaco - dice l’attore - sembra che bisogna solo togliere. Togliere la teca dell’Ara Pacis, poi il cinema americano dalla Festa di Roma... Bisogna togliere, ma cosa mettiamo? Penso che ci sia anche bisogno di aggiungere e non solo di togliere». E Piera Detassis, direttore della sezione Premiere, tira acqua al suo mulino chiarendo che «la festa non è solo il tappeto rosso per le star. Dietro la festa c’è una idea culturale e imprenditoriale.Se estrapoli solo il tappeto rosso è facile scivolare nella demagogia».

Infine Gian Luigi Rondi, presidente dell’ente David di Donatello, apre al possibile gemellaggio delle due manifestazioni: «È possibile un collegamento fra i Premi David di Donatello e la Festa del Cinema? A titolo personale riterrei di sì. Per deciderlo, però, è necessario un parere collegiale del consiglio direttivo».

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