Il «Festival di Irene» a Locarno

Luciana Caglio

Effetto Ticino anche, e più che mai, al Festival del film di Locarno. In altre parole, dentro le piccole e lusinganti dimensioni del Cantone, una manifestazione mondiale subisce un particolare condizionamento ambientale che ne modifica la fisionomia. Proprio così, questa rassegna cinematografica si differenzia, inconfondibilmente, da Berlino, da Cannes e da Venezia e non soltanto sul piano degli obiettivi culturali, destinati, per tradizione, a valorizzare i talenti nuovi e le produzioni dei Paesi emergenti. È soprattutto sul piano dei rapporti umani che la rassegna locarnese riesce a creare un clima tutto suo, caratterizzato dalla personalizzazione, persino estrema, del suo team dirigenziale.
Questo, infatti, e non a torto e magari con qualche ironia, è stato definito «il festival di Irene», segnato appunto dalla forte presenza intellettuale, e persino fisica, della direttrice Irene Bignardi, donna di polso e di sicuro fascino. Alla quale i giornali ticinesi e svizzeri sono soliti dedicare pagine e pagine di interviste e di foto: e tanto più, quest’anno, dopo l’annuncio delle sue dimissioni. Che hanno fornito lo spunto alle inevitabili speculazioni sulla successione, ma soprattutto al rimpianto per un vuoto umano che sembra difficile da colmare. Del resto, lei stessa ha contribuito ad alimentare questi legami d’amicizia, quasi d’intimità, spiegando, pubblicamente, i motivi d’ordine soprattutto personale che l’hanno spinta a lasciare un lavoro «matto e disperatissimo» per ritrovare «la ragionevolezza dell’ozio», in parole povere coltivare la propria «privacy».
Una sorta di confessione femminile, favorita persino dalle circostanze: è una donna la vicedirettrice del festival, Teresa Cavina, pure dimissionaria, ed è una donna l’attuale sindaco della città, Carla Speziali. Ma al di là di questa concomitanza, sta di fatto che la rassegna locarnese porta sempre visibilmente l’impronta di chi la guida e di chi la presiede. Dopo l’era del dinamico tuttofare Raimondo Rezzonico, siamo entrati in quella del sorridente negoziatore Marco Solari.

Il Ticino, insomma, la vive così: con il rischio di gonfiare gli aspetti locali, le ricadute sul suo turismo e il suo commercio, e l’ipoteca meteorologica che minaccia le proiezioni in piazza. Mentre se ne sottovalutano i contenuti, e cioè la qualità dei film in concorso.

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