Il figlio di Camilla padrino dei cuochi

nostro inviato a Londra

È tempo che noi italiani ci stacchiamo dalle padelle della mamma e apriamo gli occhi sulle cucine del mondo, a iniziare da quelle di Londra. Non c’è solo l’eterna Swinging London ma, più recente, anche una formidabile Cooking London dai mille profumi. E, notare bene, qui sull’isola di Sua maestà britannica parlano della crisi economica al passato, un disastro che appartiene a un’altra stagione. E questo mette le ali agli investimenti, anche quelli golosi: se il Mandarin Oriental ha ingaggiato i pluristellati Daniel Bouloud e Heston Blumenthal, il Lanesborough, ad Hyde Park Corner, già un ospedale e ora un hotel di sole suite, risponde con Heinz Beck, radici bavaresi e un successo romano che sta replicando all’Apsleys con i fornelli affidati a Massimiliano Blasone. E punta sull’Italia, sulla cucina di mare di Massimo Riccioli l’hotel Corinthia vicino Trafalgar square, ora in ristrutturazione anche se Massimo apre il suo angolino di tanto in tanto con la formula del temporary restaurant (accadrà stasera ad esempio).
L’Apsleys, cucina rigorosamente mediterranea, è uno dei 6 locali premiati con la stella dalla Michelin, uno in più rispetto ai top di TimeOut (Locanda Locatelli e River Café piacciono a entrambe), mentre nei 50 best della Good Food Guide splende il Murano di Angela Harnett, una nonna parmigiana e una grinta da vendere. Come rimarca Monica Brown, pr scozzese di tanti cuochi, compreso Carlo Cracco, «il problema della cucina italiana è uguale a quello della cucina spagnola: hanno una grande storia, ma tanti vedono solo gli stereotipi così nei locali italiani tutti si aspettano pizza, pasta e lasagne e in quelli spagnoli paella e tapas».
La strada è in salita per chi vuole uscire dal noto, senza compromessi come da Franco Manca nel sobborgo di Brixton dove l’attuale patron, Giuseppe Mascoli, incanta con pizze e profumi da sogno con un risultato concreto: da alcuni anni la critica distingue tra «fine italian cuisine» e «Pasta & Pizza» con Princi che a Milano è conosciuto come panetteria e a Soho come brasserie tanto da avere vinto nel 2009 un oscar come «best new cheap eats» proprio come Franco Manca l’anno prima.
E come i vini Frescobaldi hanno il loro angolo bar da Harrods così una supernova francese come Alain Ducasse vuole come pasticciere al Dorchester il napoletano Angelo Ercolano, già dalla famiglia Iaccarino sulla penisola sorrentina mentre il vino, dal giapponese Roka, è di competenza di Matteo Duri. C’è Italia in tanti angoli e sempre più tenuta in considerazione come succede con Jasper Gerard, critico del Daily Telegraph, che ama attovagliarsi da Polpo (stile bacaro veneziano) piuttosto che Bocca di lupo (il Cappon magro!).

E se Giorgio Locatelli, un varesotto trapiantato quassù, è l’icona della nostra cucina di qualità (che buono il suo coniglio e che bella carta del vino, solo Italia), ecco il laziale Maurizio Morelli che, per distinguere il Latium dalla massa spaghettata, punta su un menù di ravioli dai mille ripieni così come Riccardo De Prà ha clonato il bellunese Dolada a Mayfair puntando sui prodotti biologici garantiti Slow Food, gli stessi che trovi al Borough Market dove domani e dopo, nell’enoteca-museo Vinopolis, si terrà la seconda edizione di Identità London.

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