Fini contro Woodcock: deve cambiare mestiere

La contromossa dell’ex vicepremier: il fidato Menia, estraneo ai «giri romani», nuovo uomo comunicazione

Fabrizio de Feo

da Roma

«Non ho dubbi su Salvatore Sottile. Lo conosco da una vita e sono convinto della sua totale estraneità alle vicende addebitategli». Gianfranco Fini scende in campo pubblicamente a difesa del suo portavoce. E parlando a Porta a Porta dà voce alla sua rabbia dettando parole di fuoco sull’inchiesta potentina. «Sono costretto a fare uno sforzo diplomatico, se dovessi dare sfogo all’indignazione che provo farei scintille. Il pm Woodcock è un signore noto per una certa fantasia investigativa e il Csm avrebbe già da tempo dovuto prendere provvedimenti. La verità è che in un Paese serio avrebbe cambiato mestiere».
Il j’accuse di Fini arriva alla fine di una giornata decisamente tormentata per l’ex vicepremier. Quello che il leader di An trascorre prima nella sua casa di Anzio poi in quella romana, nel quartiere Trieste, non è certo un weekend di sereno riposo. Prima il dolore, l’amarezza, l’incredulità provate nel leggere le intercettazioni che tirano in ballo nell’inchiesta condotta da Henry John Woodcock sua moglie Daniela, il suo portavoce Salvatore Sottile e Francesco Proietti Cosimi, suo segretario particolare. Poi la tentazione di lanciare subito un segnale forte con la sostituzione - forse temporanea, forse definitiva a seconda degli sviluppi delle indagini - di due dei suoi più stretti collaboratori a cui pure ha espresso piena e completa solidarietà umana, tanto in forma privata quanto in forma pubblica. Un’operazione che potrebbe portare due suoi fedelissimi (appartenenti al «gruppo dei sub», ovvero alla ristretta cerchia dei suoi compagni di immersione) a prendere il posto dei due collaboratori indagati. I nomi in rampa di lancio? Quelli di due parlamentari di An: Roberto Menia e Marco Martinelli.
Chi ha parlato con l’uomo simbolo della destra italiana lo ha sentito diviso tra la rabbia e l’affetto. Da una parte la tentazione di guardare avanti, mettendosi alle spalle un episodio che certo non segna in positivo l’immagine del partito. Dall’altra la volontà di evitare mosse che possano suonare come una sconfessione dell’attività di collaboratori con cui ha diviso gli ultimi 10-15 anni della sua storia. «Non sono certo il tipo che molla un amico nel momento di difficoltà, di fronte a un linciaggio di questa portata» ripete. Al contempo, però, Fini sa bene di non potersi permettere di assistere alla nuova bufera senza reagire. Per questo, qualora le maglie dell’inchiesta dovessero continuare a stringersi, il numero uno di Via della Scrofa avrebbe già pronta la contromossa: nominare Roberto Menia suo portavoce. Una promozione naturale visto che quest’ultimo riveste il ruolo di responsabile Propaganda. Non è escluso peraltro, che, successivamente, l’incarico possa essere affidato a un giornalista parlamentare. La scelta di Menia scaturisce dall’assoluta fiducia che Fini nutre nei confronti di questo parlamentare triestino tosto e sincero, estraneo ai «giri romani» e alle frequentazioni in Rai. Per quanto riguarda, invece, l’incarico di segretario particolare il nome in pista è quello di Marco Martinelli, attuale responsabile dell’organizzazione del partito.
Gli equilibri dentro An appaiono dunque decisamente instabili. E la rabbia del leader potrebbe produrre altri scossoni. Fini è «stanco che il suo nome venga speso a sua insaputa» e che la sua immagine subisca danni per colpa di altri. Il discorso è antico ma questa volta il presidente di An vorrebbe procedere a una vera e propria bonifica. «Qui, se non cambiamo registro, rischiamo di incappare nella maledizione del 15%, quella del vecchio Partito Socialista, con Craxi costretto a fare i conti con nani, ballerine e saltimbanchi». Il riferimento non è casuale perché la gestione delle vicende Rai amareggia particolarmente Fini, anche alla luce della «transumanza» di alcuni uomini diventati alfieri dichiarati della destra dopo la vittoria del 2001 e ora tornati velocemente «sul mercato». Non è un caso che pochi mesi fa avesse promesso: «Della Rai me ne occuperò personalmente. Basta delegare».
Resta il fatto che Fini ancora una volta rischia di pagare un prezzo pesante in termini di immagine per colpe non sue. «Non è possibile che per le attività clintoniane di un collaboratore di Fini, peraltro tutte da dimostrare e sbandierate vergognosamente sui giornali, qualcuno possa pensare di mettere in ginocchio la destra italiana» dice Amedeo Laboccetta, storico esponente di An a Napoli. «Fini va giudicato per i suoi meriti politici che sono grandissimi». Altri individuano lo spettro della giustizia a orologeria. «Siamo in presenza di uno scandaloso linciaggio mediatico nei confronti di An» dice Francesco Storace. «Il trattamento riservato a Sottile è semplicemente indegno di un Paese civile. Lo si fa passare per un mostro solo perché è il portavoce di Fini» sostiene l’ex governatore.

«Si parla addirittura di un colloquio tra Daniela Fini e il segretario del presidente del partito, avvenuto il 19 aprile 2005, su questioni riguardanti la sanità e me. Ci si dimentica che le elezioni le avevo perse il 3 e 4 aprile. È la dimostrazione che c’è un’aggressione tutta politica».

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