Finmeccanica al riassetto D-day per la missione Usa

da Milano

Arriva oggi la risposta del board di Drs Technologies all’offerta di acquisizione lanciata da Finmeccanica e a questo punto la società guidata da Pier Francesco Guarguaglini saprà se potrà procedere con il lancio di un’Opa amichevole (una scalata ostile è improbabile) sulla public company americana attiva nel settore dell’elettronica della difesa. Un’operazione da 5,1 miliardi di dollari (compresa l’assunzione di un debito da 1,5 miliardi) che brucerà le munizioni finanziare, circa 3 miliardi di euro, che la società italiana intende destinare ad acquisizioni di nuove attività nel settore core, aerospazio e difesa.
Per dar corso alla operazione, Finmeccanica procederà certamente a un aumento di capitale (autorizzato lo scorso anno, fino al 10% del capitale, per un valore di circa 1 miliardo, effettuabile fino a giugno 2009), e ad un prestito ponte vicino ai due miliardi, che con buona probabilità verrà poi trasformato in un bond. Si può anche far ricorso alla restante quota di azioni StM, ma vendere ai prezzi attuali non è certo allettante. È anche probabile che una parte delle attività di Drs possa essere successivamente ceduta. Perché Drs fa di tutto un po’ (ha appena ultimato una ristrutturazione riducendo da 14 a 7 le proprie unità operative, distribuite tra 4 divisioni) e perché alcune linee di business non costituiscono certo quel che Finmeccanica sta cercando: attività ad alto valore aggiunto con un contenuto tecnologico almeno pari, ma possibilmente superiore a quanto già possiede.
Finmeccanica poi potrà contare sull’afflusso di ulteriori risorse finanziarie se andranno in porto alcune iniziative nel campo dell’energia e forse anche dei trasporti, con l’ingresso di nuovi partners, non necessariamente ricorrendo a collocamenti in Borsa.
Certo per Finmeccanica Drs rappresenta un boccone grosso, con 10mila dipendenti e 2,8 miliardi di dollari di fatturato. Drs è tra i 20 fornitori top del Pentagono e se per il mercato Usa è una azienda media, per Finmeccanica è qualcosa di ben più ambizioso rispetto alla piccola società da circa 500 milioni di cui ha parlato il management negli ultimi due anni.
Però, dopo anni di trattative, il momento per colpire è questo: da un lato il cambio euro/dollaro è estremamente favorevole, dall’altro la capitalizzazione di Borsa delle società aerospaziali e della difesa Usa è lontano dai massimi per via di ribassi di tutta Wall Street. C’è una finestra di opportunità che potrebbe non durare a lungo. Così un’operazione che solo un anno fa sarebbe risultata finanziariamente proibitiva ora ha molto più senso. Tanto più visto che i bersagli appetibili sono pochi, costosi, e inseguiti sia dai giganti Usa del settore, sia da concorrenti europei.

E se Eads, pur dicendosi interessata, ha un po’ troppi problemi interni per scatenare un’asta, Bae Systems invece ha le tasche piene di sterline e vuole crescere ancora negli Usa. Bae poi è una public company vera, Finmeccanica, sia pure controllata da un governo amico, non lo è. In ogni caso se Finmeccanica si muove ha evidentemente già ottenuto a Washington un via libera informale.

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