Fiorani: «Fazio mi avvertì di un’ispezione»

Per gli avvocati della difesa il banchiere sarebbe succube dei Pm

Stefano Zurlo

da Milano

Conferma tutto. Anche la telefonata notturna in cui disse al governatore «ti bacerei in fronte». Pure la dritta che la signora Maria Cristina Fazio gli diede sui telefoni intercettati. E aggiunge un altro dettaglio, non proprio edificante: nel giugno 2005 il senatore Luigi Grillo gli telefonò invitandolo a raggiungere urgentemente Antonio Fazio nella sua casa di Roma. Fiorani ubbidì: il governatore gli spiegò che l’indomani sarebbe partita un’ispezione alla Banca Popolare Italiana. Ma aggiunse, rassicurante, «che sarebbe stata solo di facciata». In effetti il giorno dopo a Lodi arrivarono gli ispettori di Palazzo Koch, ma l’amministratore delegato non si spaventò per quella visita annunciata. E, soprattutto, «morbida».
È il terzo giorno dell’incidente probatorio a porte chiuse e Fiorani va dritto per la sua strada. Dice la verità? Secondo alcuni avvocati, presenti in aula, è un Fiorani ancora succube dei Pm che l’hanno tenuto in carcere per 117 giorni e l’hanno poi confinato agli arresti domiciliari, quello che risponde alla domande dell’accusa. Sarebbe bastato attendere il 13 giugno - ripetono alcuni penalisti - quando Fiorani sarà completamente libero, per guadagnare maggiore serenità e credibilità. Ma le cose sono andate diversamente.
L’ex numero uno della Banca Popolare Italiana continua a srotolare la sua verità, sostanzialmente una fotocopia di quella messa a verbale nel parlatorio di San Vittore, e le persone chiamate in causa rispondono per le rime. Così quando arriva la notizia del Fazio in versione talpa, Luigi Grillo replica duramente: «Siamo di fronte ad un’altra delle cose non vere dette da Fiorani che verrà confutata dai miei avvocati in sede processuale». Franco Coppi, difensore dell’ex governatore, fa un passo indietro ed evita le repliche in tempo reale: «Sono qui all’incidente più per rispetto dei giudici che per convinzione. In ogni caso la vicenda Antonveneta si sgonfierà a livello penale».
D’accordo, ma che dire del trenino di accuse agganciate l’una all’altra? Coppi frena un’altra volta: «Il racconto di Fiorani è tutto da dimostrare, per adesso non c’è nulla da replicare. Al limite, quando il materiale probatorio si sarà assestato, presenteremo una memoria». Al limite.
Ribattono, invece, gli ex signori di Unipol Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti: lunedì, nella seconda parte dell’incidente, Fiorani li aveva chiamati in causa spiegando di aver promesso come premio per il loro coinvolgimento nella scalata ad Antonveneta 2,5 milioni di euro a testa. «Consorte e Sacchetti - si legge in un comunicato - non hanno ricevuto alcuna somma di denaro in relazione alla scalata Antonveneta».
Fiorani è già altrove, a parlare dei furbetti del quartierino. Descrive i maneggi compiuti per rafforzare i valori patrimoniali della banca in vista della scalata Antonveneta: una volta, per portare a termine un’operazione da 100 milioni di euro, falsificò e retrodatò la firma di Gnutti, il tutto sotto lo sguardo distratto di Fazio. Poi inguaia Stefano Ricucci. Svela di essersi accordato con l’immobiliarista di Zagarolo per dare una versione comune alla Consob a proposito di una bozza sequestrata dalle Fiamme Gialle nel suo ufficio. In quel documento, Fiorani aveva dettato le linee guida del discorso che Ricucci avrebbe dovuto tenere all’assemblea di Antonveneta. Ma tutti e due, sentiti dalla Consob, affermarono di non sapere nulla di quello scritto. Ora la svolta.
Fiorani pattina solo su un passaggio, riproposto dalla moviola dei Pm Francesco Greco, Eugenio Fusco, Giulia Perrotti: la telefonata in cui Chicco Gnutti gli passò il premier e Silvio Berlusconi si congratulò per l’autorizzazione all’Opa da parte della Banca d’Italia. «Fu un fatto di circostanza», nota l’ex banchiere, circoscrivendo l’episodio.


L’esame si conclude, come sempre, alle 18, ma prima l’uomo che aveva sognato di entrare nel gotha dei banchieri, si lascia andare a una dichiarazione impastata di orgoglio e nostalgia: «Difenderò fino allo stremo, per tutti gli anni che mi restano, siano tanti o pochi, la bontà dell’operazione nonostante il disastro». Domani, la quarta puntata. Forse, l’ultima.

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