Firenze, gli immigrati contestano l’Unione Scontro sui lavavetri

Il sindaco Domenici: «Mi chiedo se si possa ancora governare con l’ala radicale». Diliberto: «Lui ha smesso di essere comunista, io no»

Firenze, gli immigrati contestano l’Unione Scontro sui lavavetri

Fabio Scaffardi

da Firenze

L’ordinanza anti-lavavetri di Palazzo Vecchio continua a far piovere sull’Unione, spaccata tra Pd e sinistra radicale, e in particolare su Leonardo Domenici. Ormai non passa giorno senza che il sindaco di Firenze, e presidente nazionale dell’Anci, non venga criticato dai suoi alleati di governo, non solo a livello locale, ma anche da dirigenti nazionali dell’estrema sinistra. L’altro ieri è stato messo sotto accusa dal ministro per la Solidarietà sociale Paolo Ferrero. Ieri, al convegno sull’immigrazione, è stato il governatore della Puglia Nichi Vendola a parlare di «criminalizzazione della povertà». Intanto, sotto le finestre di Palazzo Vecchio i manifestanti, tra cui militanti di Rifondazione comunista, gridavano slogan contro lo stesso Domenici, l’assessore Cioni e il ministro Giuliano Amato.
Troppo, per il primo cittadino di Firenze, che ha affidato al suo portavoce una reazione stizzita: «Quando sento certi discorsi da parte di esponenti della sinistra radicale - ha detto Domenici - capisco l’estrema difficoltà che hanno a ricoprire al tempo stesso il ruolo di governo e di opposizione e mi chiedo se oggi ci siano ancora le condizioni per continuare a governare insieme». Pronta la replica del segretario nazionale dei Comunisti italiani, Oliviero Diliberto, ieri a Firenze per il convegno sulla «Sinistra unita e plurale»: «Visto che governiamo insieme evidentemente si può. Domenici lo conosco da 30 anni. Lui ha smesso di essere comunista, io no». In serata, anche la capogruppo di Sinistra democratica alla Camera, Titti Di Salvo, ha mandato una stoccata al sindaco: «È difficile governare con chi pensa di cacciare i lavavetri, soprattutto in una città civile come Firenze».
Sul fronte giudiziario sembra siglata la pace tra il sindaco e il capo della procura di Firenze Ubaldo Nannucci che ha ottenuto dal Gip l’archiviazione di tutte le denunce per i lavavetri nate sulla base della tanto discussa ordinanza. Proprio venerdì, nel giorno in cui il giudice metteva una pietra tombale sul provvedimento che ha spaccato la sinistra, Nannucci ha scritto una lettera a Domenici nella quale invita l’amministrazione comunale a risolvere il problema senza ingolfare la macchina della giustizia che già normalmente è sull’orlo del tracollo. In pratica Nannucci spiega che la strada per risolvere il problema è quello che già esisteva prima, vale a dire il sequestro degli attrezzi da lavoro. Per arrivare alla condanna di un vu’lavà passano non meno di un paio di anni, se tutto va bene. La parola passa adesso al sindaco, che dovrà decidere come arginare il problema dal 30 di ottobre in poi, alla scadenza dell’ordinanza.
Ieri mattina intanto a Firenze la manifestazione per dire no all’ordinanza contro i lavavetri si è trasformata in un corteo per dire «no al pacchetto sicurezza del governo Prodi, no alle politiche repressive, no all’ordinanza contro i lavavetri, no ai sindaci-sceriffi». In campo la sinistra contro la sinistra. Mentre a Palazzo Vecchio si teneva la conferenza nazionale sull’immigrazione alla presenza del ministro degli Interni Giuliano Amato, dalla strada si sono alzati cori, fischi e insulti. Al grido di «siamo tutti lavavetri» e con lo striscione «noi non conosciamo il razzismo» sostenuto da un gruppo di bambini rom, il corteo ha portato una sorta di «assedio simbolico dei potenti», per dirla con i manifestanti. Molti i cartelli contro il sindaco Domenici e l’assessore Cioni: «Fermate Domenici», «Basta stracCioni». Presente anche Paul Ginsborg, uno dei leader del movimento dei professori. Il corteo si è concluso senza incidenti proprio davanti agli Uffizi, mentre piazza della Signoria, interamente transennata, è stata resa off-limits.

Il finale è stata una pièce teatrale dal titolo «la ballata del lavavetro, atto unico contro le ipocrisie del potere». Ma la protesta non si ferma qui, hanno annunciato gli organizzatori: la prossima mossa sarà quella di occupare simbolicamente i monumenti.

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