Antonella Mollica
da Firenze
È il riassunto di 38 anni di inchiesta sul Mostro di Firenze lultimo libro scritto da Mario Spezi e Douglas Preston. Il cronista fiorentino - che da due settimane si trova in carcere con laccusa di calunnia e depistaggio proprio per quellinchiesta - e lo scrittore americano hanno scandagliato una delle storie giudiziarie italiane più contorte e più scottanti di fine Millennio. Si chiama «Dolci colline di sangue» il thriller-verità da ieri in tutte le librerie italiane. Si parla del Mostro di Firenze - quello inafferrabile, ancora senza volto e senza un nome - ma anche di tutti i Mostri che sono stati partoriti dagli inevitabili errori investigativi di una vicenda tappezzata da pochissime certezze. Per arrivare, infine, a raccontare unaltra verità che ribalta unindagine: Pietro Pacciani e i compagni di merende furono capri espiatori, il Mostro di Firenze è un killer solitario, è ancora vivo e custodisce il suo terribile segreto. Il suo nome arriva da un passato lontanissimo, da quella pista sarda battuta negli anni Settanta ma che poi venne abbandonata. Sarebbe stato lui, e solo lui, a rubare la pistola allautore del primo delitto della serie, quello del 1968, per il quale la giustizia trovò un colpevole, e a fare a pezzi le vittime con un coltello da sub.
«Il demone di tutta questa storia è lambiguità - si legge nel libro -. A ogni svolta si presentano domande che permettono solo risposte ambigue e fanno nascere altre domande». Tutto ruota tutto intorno alla famosa Beretta calibro 22 mai ritrovata che sparò - è questa lunica cosa che non è mai stata messa in dubbio - per sedici volte dal 1968 al 1985 nelle campagne toscane. Nel libro si ripercorrono tutti i passi faticosi dellinchiesta, si raccontano tutte le piste investigative che si sono accavallate nel corso dei decenni, quelle difese strenuamente anche quando levidenza gridava contro - dicono i due scrittori -, come quella che portò Pacciani sul banco degli imputati perché la sua figura corrispondeva perfettamente a quella disegnata dallimmaginario collettivo. «Che sia lui o no il mostro, poco importa - si sentiva dire nei bar di Firenze -, uno così è bene che stia dentro». «Non è mai esistito niente di simile da nessuna parte, neanche in America», dice Preston dopo essersi addentrato nei sentieri della storia. «Gli elementi con i quali hanno portato allergastolo Pacciani da noi non sarebbero sufficienti neanche per scrivere un articolo».
Fu così che nel 1989 lallora procuratore capo di Firenze Piero Luigi Vigna chiese il proscioglimento di tutti i protagonisti della pista sarda. Alla fine del 94 Pacciani si ritrovò imputato davanti alla Corte dAssise di Firenze di sedici omicidi. LItalia si divise tra colpevolisti e innocentisti. Pacciani fu condannato allergastolo. In secondo grado fu il presidente della Corte dAppello Francesco Ferri a puntare il dito contro linchiesta e le sue contraddizioni, compresi i testimoni che spuntarono alla fine del processo e che accusarono Pacciani. «La nave delle indagini - scrive Spezi ricordando quella fase dellinchiesta - prese il largo. Nessuno avrebbe avuto la capacità di immaginare quale approdo avrebbe raggiunto». «Un medico chiedeva a Pacciani di fare dei lavoretti...», disse Katanga Lotti. Per Spezi solo una leggenda metropolitana, una delle tante che hanno costellato questa storia.
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