Fisco, imprese in fuga dall’Alto Adige

Troppe imposte Le industrie se ne vanno in Austria

Fisco, imprese in fuga dall’Alto Adige

La guerra fiscale si combatte ai confini. E mentre nei palazzi di Roma si attende settembre per conoscere le novità della Finanziaria, in Alto Adige scatta l’allarme-diaspora. Sono infatti sempre più le imprese che trasferiscono la propria attività in Austria, spinti da una pressione fiscale insopportabile.
A lanciare l’allarme è Il Sole 24ore, che dalle sue colonne getta luce su una situazione definita «un enorme macigno che blocca lo sviluppo». Due tra le più importanti imprese altoatesine, la Fercam e la Salewa, sono ormai pronte a trasferirsi oltre confine.
La minaccia di un’anschluss a Vienna ha richiamato l’attenzione sulla fiscalità nella regione a statuto speciale e ha scatenato le ovvie reazioni politiche.
Il primo a replicare è stato Oskar Peterlini, esponente del Sudtiroler Volkspartei. «Il governo si impegni a ridurre in tempi brevi l’imposta sul reddito delle società - ha scritto il senatore al ministro Tommaso Padoa-Schioppa -. Nella Provincia di Bolzano l’Irap è già stata tagliata di mezzo punto, ma non basta: se le imprese si trasferissero all’estero, l’economia del territorio si indebolirebbe, con grave danno per l’occupazione».
Peterlini pone l’accento sulla pressione fiscale italiana su piccole e medie imprese. La somma di Ires e Irap è al 37,25%, contro il 25% dell’Austria. Cifre significative, che ci sono valse il quarto posto nella classifica mondiale dei Paesi più «esosi» secondo la società Kpmg.
Insomma, Bolzano e l’Alto Adige implorano Roma di allentare la pressione per salvare le loro aziende. «Peccato che Peterlini dimentichi di essere stato lui il più accanito sostenitore della politica economica di Prodi, salutato come “amico delle autonomie e delle imprese”», ribatte Michaela Biancofiore, deputata di Forza Italia. «L’appello della Svp è ridicolo, se non spudorato. Le imprese fuggono in Austria perché in Alto Adige da anni le amministrazioni locali perseguono una politica economica da “piano quinquennale”».
Insomma, le industrie si trovano in una morsa: da una parte il governo delle tasse, dall’altra «il socialismo reale» della Svp. «La Provincia di Bolzano è ormai uno Stato nello Stato - continua l’onorevole Biancofiore -. Il presidente Durnwalder magnifica come “la Provincia sia la prima impresa della Provincia”. È concorrenza sleale». Già, perché secondo i dati della deputata bolzanina, «oltre il 90% delle imprese in Alto Adige sono a partecipazione pubblica, con 44mila dipendenti pubblici su una popolazione di 400mila abitanti». Una sorta di statalizzazione ai piedi delle Dolomiti. «A Bolzano, poi, i costi dei terreni non hanno uguali in Europa. È logico che gli imprenditori scappino da una regione in cui vigono norme che taglieggiano le attività industriali verso Paesi dove si possa praticare il commercio libero. Qui non si possono neppure costruire centri commerciali».
Ecco perché l’appello di Peterlini suona come «la sagra dell’ipocrisia»: «La realtà è che i tre senatori della Svp sono indispensabili alla sopravvivenza del governo (a Palazzo Madama la maggioranza è risicata, ndr). Succede così che il partito autonomista goda qui di libertà inaudite. E Roma tace».

Una situazione che si lega ad altri episodi recenti: «La grazia ai terroristi concessa dal presidente Napolitano, le ansie annessionistiche nei confronti di alcuni comuni veneti, la cancellazione della toponomastica italiana: sono esempi di come la Svp possa fare il bello e il cattivo tempo», conclude Biancofiore. «A settembre è in programma un sit-in davanti a Palazzo Chigi per protestare contro questo clima. È in atto una svendita chiavi in mano dell’Alto Adige alla Svp in cambio del sostegno a Prodi in aula».

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