Flop al processo Mills: «Non c’è traccia di soldi usati per corrompere»

MilanoSilvio Berlusconi, impegnato a presiedere il consiglio dei ministri sulla crisi libica, ieri rinuncia ad essere presente in aula a Milano al processo che lo vede imputato di corruzione per i suoi rapporti con l’avvocato David Mills. E così il Cavaliere perde l’occasione di vedere i suoi difensori andare all’attacco del testimone chiave della pubblica accusa: Gabriella Chersicla, della società di revisori contabili Kpmg, che ha frugato in lungo e in largo i conti di Mills. E, rispondendo alle domande dei legali dei difensori del premier, la Chersicla deve ammettere che lei su quei conti non ha trovato alcuna traccia dei soldi che secondo l’accusa Mills avrebbe ricevuto da Carlo Bernasconi, oggi scomparso, all’epoca manager della Fininvest.
«Centoventinove!», esclama Piero Longo, come quelli che gridano «Bingo»: e per capire la battuta bisogna guardare l’articolo 129 del codice di procedura penale, che prevede che anche nel corso del processo, se il giudice si accorge che «il reato non esiste o l’imputato non lo ha commesso», chiude immediatamente il processo e manda tutti a casa. Così non sarà, ovviamente. Però la faccia soddisfatta con cui Niccolò Ghedini si offre poco dopo alle telecamere, è significativa del valore che lo staff legale del capo del governo assegna a questo passaggio. E l’ammissione della teste sembra aver fatto una certa impressione anche sul tribunale che sta conducendo il processo.
Succede tutto alla fine di un’udienza lunga e oggettivamente noiosa, dove a spiccare sono soprattutto il nervosismo del pm Fabio de Pasquale per il dilatarsi dei tempi del processo, che rischiano di fare sprofondare tutto nella prescrizione, e l’arrivo in udienza di una piccola folla di simpatizzanti di Berlusconi, arrivati in aula con l’obiettivo dichiarato di manifestare il loro sostegno al premier. Si tratta in buona parte degli stessi che da molti giorni hanno piazzato un gazebo davanti al palazzo di giustizia per protestare contro l’«assalto dei giudici» al presidente del Consiglio. Nei giorni scorsi sono stati in più occasioni accusati da militanti dello schieramento avverso di essere dei «figuranti» a pagamento, e ieri le agenzie di stampa riprendono le voci quantificando anche il soldo giornaliero («venti euro e un panino»). Ma i diretti interessati smentiscono energicamente: «Sono stata la governante a casa di Paolo Berlusconi per anni - afferma Carmela C. - e il Presidente lo conosco bene. Lui non farebbe mai ciò che dicono i giornali». L’entusiasmo dei sostenitori del premier, alla fine, si fa talmente chiassoso che il giudice Francesca Vitale ordina ai carabinieri di farli allontanare.
In aula, intanto, si consumano piccole scaramucce. De Pasquale, sempre più preoccupato per lo scorrere del tempo, cerca di sostenere che «non è scritto nel codice che si può processare Silvio Berlusconi solo lunedì», ma il giudice gli risponde senza giri di parole che non c’è altra soluzione, l’accordo tra i vertici del tribunale e i legali del premier è stato raggiunto, e i quattro processi dovranno dividersi i lunedì disponibili. Poi arriva il contro-interrogatorio della consulente contabile, la Chersicla. Ed ecco la domanda sorniona di Longo: «Lei ha trovato emergenza contabile di somme provenienti da Carlo Bernasconi?» «Cosa intende per emergenza contabile?» «Dovrebbe saperlo bene. Diciamolo più chiaramente: ha trovato tracce di versamenti riconducibili a Carlo Bernasconi?». «In questi conti no, però ci sono degli altri documenti». «Lasciamo stare gli altri documenti, ci dica se nei conti questi soldi ci sono o no». «Io non li ho trovati ma non posso escluderlo, ci sono dei soldi che non si sa da dove vengono». «E cosa vuol dire?».
Gli «altri documenti» di cui parla la consulente della Procura sono le lettere e le confessioni, poi ritrattate, di Mills, che sono il pezzo portante di questo processo.

Ma scoprire che quelle confessioni sono prive di riscontro contabile porta indubbiamente acqua al mulino della difesa. Anche perché la consulente di De Pasquale sconfessa, di fatto, persino i giudici della Cassazione: che nella sentenza di proscioglimento per prescrizione di Mills avevano incautamente scritto l’esatto contrario.

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