Un Fmi all’europea: pronta la chiave anti-crisi

Ora il Fondo piace anche alla Merkel. Gli Stati aiutati avranno l’obbligo di sistemare i conti. La strada di un prelievo fiscale coatto è impraticabile. Sequestro cautelativo dei beni demaniali per chi non rispetta le regole

Un Fmi all’europea: pronta la chiave anti-crisi

La proposta del ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schauble di creare un Fondo monetario europeo, un Fme, parallelo al Fondo monetario internazionale, l’Fmi, appare sicuramente valida. Essa si avvicina molto alla proposta di Giulio Tremonti di creare un fondo europeo a favore degli Stati dell’euro che si trovano in difficoltà finanziarie, come la Grecia (che per altro per ora è riuscita, con le sue sole forze, a piazzare con successo un prestito sul mercato internazionale).

La proposta di Schauble è, per così dire, più robusta di quella tremontiana, che le ha aperto la strada. L’Fme a somiglianza dell’Fmi, condizionerebbe i suoi prestiti a clausole di comportamento severe da parte dello Stato beneficiario, in modo da ottenere la garanzia effettiva che il prestito sarà restituito e che esso metterà la sua casa in ordine, con vantaggio per la comunità internazionale. Però la posizione dell’Fmi rispetto agli Stati che esso decide di aiutare è molto differente da quella del futuro Fondo europeo verso gli stati dell’euro. Il Fondo monetario internazionale non ha alcun potere di comando sugli Stati sovrani in cui decide di intervenire. Invece il futuro Fondo europeo, l’Fme, dipenderebbe dal governo europeo che risiede a Bruxelles (cioè dal Consiglio europeo, composto dei capi di Stato e di governo dei Paesi membri dell’Unione europea e dalla Commissione europea che lo affianca). I poteri dell’Fme verso gli Stati aiutati gli sarebbero conferiti da tale governo.

A differenza dell’Fmi che non può obbligare uno Stato a chiedere il suo aiuto e che può decidere di non aiutarlo se esso non accetta le sue condizioni, l’Fme dovrebbe poter obbligare gli Stati membri dell’euro bisognosi di aiuto a sottostare alle sue condizioni, onde usufruire di tale soccorso. Infatti uno Stato che non accetta l’aiuto del Fondo monetario internazionale può rifiutarsi di pagare i propri debiti come ha fatto l’Argentina coi tango bond. Invece lo Stato dell’euro che ha bisogno di aiuto, non deve poter fallire. Se ciò accadesse l’intero euro-sistema perderebbe credibilità. E gli Stati con maggiori debiti sarebbero esposti a rischi, che prima non avevano e che non è giusto che abbiano.

C’è una situazione oggettiva di ricatto, verso gli Stati dell’euro zona, da parte degli Stati di questa unione monetaria, che facciano fatica a piazzare nuovo debito pubblico e rischiano perciò di non onorare i loro debiti pregressi. Bisogna aiutarli per forza, perché il loro fallimento danneggerebbe gli altri. Ma se vanno aiutati "per forza", vanno anche costretti "a mettere a posto le finanze", alle condizioni dell’Fme. Schauble immagina alcune sanzioni per gli Stati che venissero soccorsi dal futuro Fme: come la cessazione degli aiuti alle loro regioni meno sviluppate e la loro esclusione dalle votazioni negli organi del governo europeo. La prima di queste due sanzioni potrebbe essere controproducente: il negare gli aiuti ordinari a fondo perso dell’Unione europea a uno Stato che ne ha diritto, per "punirlo", avrebbe la conseguenza di accrescere la sua difficoltà ad adempiere alle condizioni che gli impone l’Fme. La seconda sanzione, quella di sospendere il voto negli organismi di governo europei dello Stato che non adempie alle condizioni dell’Fme, per uno Stato piccolo, il cui voto in tali organismi è secondario, è poco efficace.
Dunque bisogna immaginare altre sanzioni. Ad esempio quella del sequestro cautelativo di beni demaniali dello Stato aiutato. Tutto ciò delinea un quadro di interventi autoritari che a un fautore dell’economia di mercato e del governo "leggero" non piacciono. Tuttavia le alternative alla proposta di un Fme con poteri autoritari sono peggiori. La prima, quella di un governo federale europeo con la potestà di prelevare tributi sugli Stati membri, nella attuale situazione di grossi pesi fiscali nazionali, mi sembra impraticabile e pericolosa. La seconda, di rimanere nella situazione attuale, in cui le emissioni di debiti degli Stati dell’euro non hanno rete di sicurezza europea è scomoda.

La terza, che la Banca centrale europea Bce possa comperare titoli del debito di Paesi dell’euro, che ritiene siano oggetto di una speculazione non giustificata dai parametri è preclusa dai fatti e dal diritto. Potrebbe indebolire la credibilità dell’euro ed è vietata dallo statuto della Bce. Ora che c’è l’euro, fargli fare crac sarebbe il caos: bisogna farlo funzionare anche senza un potere fiscale a Bruxelles.

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