Tutti o quasi, fino allo sfinimento, hanno ascoltato Venditti, la sua Notte prima degli esami, linno sognante di generazioni di adolescenti al cospetto della maturità. Nessuno o quasi, a Roma e non solo, si aspettava per la prima prova scritta una traccia così, dedicata alla foibe, una pagina oscura della storia italiana. Condannata, di regola, a un aggravio di oblio, quello della memoria. Così, non appena lhanno letta, in molti lhanno scartata. Senza tentennamenti. Senza ripensamenti. E non per un pregiudizio ideologico, tuttaltro: «Non labbiamo approfondita abbastanza, a scuola», la ragione più gettonata, senza spazio di replica. «Meglio evitare di indispettire qualche professore di sinistra», secondo assioma altrettanto schietto, comunque significativo.
Eppure che ci sia un vento nuovo a soffiare dalle parti di viale Trastevere, al civico del ministero dellIstruzione, è innegabile: è il segnale che qualcosa si muove, che qualcosa è cambiato. Ed è «significativo», come rileva il presidente della Regione, Renata Polverini; è «molto positivo», come le fa eco il sindaco Gianni Alemanno. Anche se, la puntualizzazione è di Matteo Prugnoli, dirigente romano del movimento Giovane Italia, «probabilmente non tutti gli studenti saranno stati nelle condizioni di scegliere la traccia. Molti libri di storia dedicano poco spazio alla tragedia che si è consumata nel dopoguerra sul confine orientale dellItalia». Dettaglio che, comunque, non impedisce a Samuele Piccolo del Pdl, vicepresidente del Consiglio comunale, di dirsi «sinceramente emozionato» di fronte a una svolta da lui definita «epocale», nientemeno. E non si può omettere che la scelta di un autore come Primo Levi si muove nello stesso solco, con esiti simili: al Visconti, per esempio, i ragazzi si aspettavano nomi più classici, meglio pronosticabili, come un Pirandello, un Manzoni o un Foscolo.
Tutto il resto, il contorno, il prima e il poi, è il perfetto campionario del rito di passaggio per eccellenza. Con un bonus: il conforto del cielo incerto di un martedì romano fuori stagione, che poco o nulla ha di estivo. Che non alimenta oscuri presagi, anzi consola, per esempio di fronte al liceo Virgilio. «Lanno scorso - ricorda Mara, filo di trucco lieve e vocabolario mastodontico sotto il braccio sinistro - di questi tempi, con la mia comitiva, ero al mare. Almeno non mi perdo niente». Si scherza, a raffica. La prima prova, nonostante serva a rompere il ghiaccio, è quella che in assoluto mette meno paura: «Ma gli scritti, in generale, non sono poi così terribili, ci si riesce sempre a dare una mano. Sono gli orali il problema, è lì che ci si butta senza paracadute», sorride spavaldo Marco, pantaloncino sopra il ginocchio, infradito e look da spiaggia più che da scuola. «Vabbè - si stringe nelle spalle - gli insegnanti ci sono abituati».
Prodigi della maturità, livella di ogni tempo e di ogni status: la tecnologia, oggi così onnipresente, è tagliata fuori. Niente iPhone, iPad o smartphone, la pena è lesclusione; i secchioni, poi, i primi della classe, diventano improvvisamente popolari, ambiti e coccolati. Suona la campanella e si comincia. Qualcuno sfrutta il tempo a disposizione fino all'ultimo istante. Qualcun altro, come Michele Orlandi, 18 anni, della III C del liceo Tasso, si fa bastare il minimo sindacale, tre ore nette, non un minuto di più. Poi torna allaria aperta, si accende una sigaretta e si ferma ad aspettare i compagni di classe. Il bello del tema e sue variazioni, dal saggio breve in giù, è che si può scegliere. «E la cara vecchia cartucciera - fa Maria, uscita poco dopo, alle 13,15 - è sempre lasso nella manica». O sotto la maglietta, a voler essere puntigliosi. «Temevo il sole - sospira - come avrei giustificato la felpa per nasconderla?».
Del tema, è però evidente, si parla controvoglia, ormai è stato consegnato, è già storia. Si guarda avanti invece, alla seconda prova. Alla notte che si affaccia allorizzonte, tanto per cominciare. Da passare dormendo o ripassando, non importa. Non sarà mai una notte qualsiasi, una notte prima degli esami.
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