Fondo monetario, l’azzardo di Putin

Si chiudono oggi le candidature per la direzione del Fondo monetario per la quale Mosca ha lanciato un suo candidato, benché non russo, il ceko Josef Tosovsky, contrapposto al francese Dominique Strauss-Kahn sostenuto da Unione Europea e Stati Uniti. Questo è soltanto l’atto più recente della strategia di Putin per riportare la Russia al rango di superpotenza non solo nucleare. Dal livello politico e militare, come è stato finora in tante questioni internazionali, la sfida passa nelle istituzioni come il Fondo, che lo stesso Putin, a giugno, ha bollato come “non democratiche, arcaiche, rigide”. La Russia è entrata nel Fondo nel 1992, ricevendo cospicui prestiti ora ripagati grazie al petrolio, dopo che per decenni l’Unione Sovietica lo aveva attaccato come strumento dell’imperialismo. Date le quote di voto di Europa e Stati Uniti, 37 e 17 per cento, il Cremlino, che ha il 2,7 per cento, è destinato all’insuccesso benché dica di essersi accordato con altri Paesi, e la sua mossa potrebbe diventare un boomerang. Ma intanto Putin, dopo attacchi riecheggianti l’era sovietica, cerca di scardinare il Fondo dal di dentro, e lancia un amo ai Paesi emergenti spesso critici per le ricette economiche che esso impone, e a Cina, India, Brasile, aspiranti a contare di più.
La carica di direttore va per consuetudine all’Europa, mentre gli Stati Uniti scelgono il presidente della Banca Mondiale. Dimessosi lo spagnolo Rodrigo De Rato, il presidente Sarkozy, nell’avvalersi di antichi avversari, ha proposto l’ex ministro delle Finanze socialista Dominque Strauss-Kahn. Il Cremlino gli ha contrapposto con astuzia non un russo, ma un ceko: Josef Tosovsky, 59 anni, già capo della Banca centrale, ora uno dei direttori presso la Bank of International Settlement a Basilea, presentando la sua mossa come prima risposta a esigenze di riforma. Tosovsky ha respinto passate accuse di rapporti coi servizi segreti in età comunista, ma secondo alcuni nella sua attuale posizione conosce bene i traffici di capitali da Mosca all’estero. Il Cremlino ha poi attaccato con durezza Strauss-Khan, affermando che non ha i necessari requisiti: uno schiaffo a Sarkozy, all’Europa e agli Stati Uniti. Mentre Tosovsky accettava dicendosi onorato, Praga respinge la lusinga moscovita confermando il sostegno a Strauss-Kahn.
Chiuse le candidature, dopo aver incontrato i due in lizza, i 24 direttori del Fondo procederanno alla nomina. È dubbio che il Cremlino abbia successo, benché Strauss-Kahn sia stato criticato anche dal Financial Times invocando riforme. Strauss-Khan afferma di avere il sostegno di Pechino, mentre India e Brasile non si sono espresse.

Ma intanto ciò conferma la strategia di Putin: sfida all’America e cunei nell’Unione Europea, per approfondirne le divisioni dopo che, usciti di scena Chirac e Schröder, svaniscono le ipotesi di contraltare euro-russo agli Stati Uniti. Questa sua manovra acuisce le diffidenze verso di lui: un boomerang.

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