Il Fondo monetario promuove l’Antitrust

«Positiva l’apertura di un’indagine sui costi bancari». Italia, rischio ribasso per le stime sul Pil

da Milano

Apprezzamento per la tempestività con cui l’Antitrust si è mosso aprendo un’indagine sui costi bancari subito dopo l’approvazione della legge sul risparmio; sostanziale equiparazione del livello di concorrenza nel settore creditizio italiano rispetto a quello europeo; ma anche valutazioni più allarmate per la perdita di competitività del nostro Paese e probabile revisione al ribasso delle stime di crescita relative al 2006. Il Fondo monetario internazionale torna a occuparsi dell’Italia in un supplemento al rapporto «ex articolo IV», pubblicato ieri sul sito dell’organizzazione di Washington.
Parole di elogio vengono riservate all'autorità Antitrust che «si è mossa rapidamente per esercitare il proprio mandato nel settore bancario. Poco dopo l'entrata in vigore della nuova legge, l'Authority ha aperto un'indagine sui costi dei servizi bancari». Critiche agli istituti italiani vengono per «le spese e commissioni tipicamente più alte che in altri grandi Paesi europei», anche se Arrigo Sadun, direttore esecutivo per l’Italia del Fmi, smonta un pregiudizio negativo che lo stesso Fondo aveva posto in evidenza in un recente studio in cui il sistema bancario italiano veniva accusato di essere troppo poco aperto alla concorrenza. «La concorrenza nel settore bancario - sostiene invece Sadun - è notevolmente aumentata ed è comparabile a quella di altri grandi sistemi bancari europei». A dimostrare il miglioramento della concorrenza e la maggiore apertura del mercato sono molti indicatori, come «il numero di banche nei mercati locali, il turnover nelle quote di mercato e lo spread dei tassi d'interesse».
Dal punto di vista congiunturale, il Fmi rileva in Italia una «debole» ripresa, una continua perdita di competitività e dati economici a breve termine «deludenti». Il Fondo monetario potrebbe quindi rivedere al ribasso le stime di crescita del Pil italiano, previste allo 0,1% nel 2005 e all'1,5% nel 2006. A preoccupare è soprattutto la progressiva erosione della competitività del Paese, causata dal «debole andamento della produttività nel lungo periodo».

Una debolezza strutturale che «trova le sue radici in alcuni fattori specifici del Paese, inclusa la vulnerabilità delle piccole aziende a capitale familiare» che dominano il panorama italiano e la «loro specializzazione produttiva».

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