"Non possiamo tollerare i sondaggi che ci danno penalizzati e in discesa. Il partito ha bisogno di una scossa". Roberto Formigoni non nasconde la preoccupazione per il momento di difficoltà del Pdl: "La scissione del Fli, per quanto minima, ci ha fatto male, così come le polemiche e le contrapposizioni della scorsa estate. Abbiamo davanti elettori scoraggiati e non dobbiamo nascondere le nostre responsabilità, ma ripartire per rimotivare. Per questo sabato scorso a Milano ho voluto radunare accanto ai miei amici di Rete Italia alcuni uomini del Sud:i ministri Alfano e Fitto e l’onorevole Romano, capo di quella parte dell’Udc che ha scelto il Pdl".
Pensa a una fondazione, un movimento, un partito? Qual è l’obiettivo della sua iniziativa?
"È un’area e un lavoro che continuerà. È stata la prima iniziativa, e ce ne saranno altre, con lo scopo di dare una scossa ai nostri simpatizzanti per dire che si riprende l’iniziativa. È un segnale molto forte non soltanto ai cattolici ma ai moderati, ai liberali e ai riformisti per la costruzione di un luogo di lavoro comune nel Popolo delle libertà".
Vuol dire che promette fedeltà al Pdl?
"Partono le iniziative, riprenderanno le scuole politiche. Col nuovo anno organizzeremo una grande iniziativa unitaria lombarda e poi anche un’iniziativa nazionale. E se dovremo fare un nuovo partito, per i noti problemi di simbolo, saremo nel nuovo partito. Non è un’iniziativa scissionista ma per dare più forza al Pdl o al partito che verrà, che a mio avviso dovrà essere non solo pragmatico ma anche di cultura, con maggior riflessione, più idee e dibattito".
In passato lei ha pensato più volte a una lista Formigoni. La ritiene ancora un’ipotesi possibile?
"No, no, è il momento di ridare forza al Pdl o al partito che verrà. Ognuno di noi ha la responsabilità di dare il meglio della cultura di provenienza.
Io sono da sempre un cattolico moderato, propugnatore della dottrina sociale cristiana, ma con la dote scuola e il modello di welfare familiare lombardo abbiamo realizzato qualcosa di condiviso anche con altre esperienze politiche".
Ha in mente un nome per la sua area?
"Per ora ci chiamiamo "Da cristiani nel Pdl". Poi vedremo cammin facendo, non è detto che ci sia bisogno di avere un nome. Vorrei chiamare alla riscossa cattolici e laici che si riconoscono nei valori della persona, della famiglia, dell’impresa. Questi mesi di sofferenza non devono mortificare la nostra iniziativa".
Le piacerebbe un ruolo nel partito?
"Ce l’ho già, sono dirigente del Pdl e non ho bisogno di una mostrina in più".
Che cosa farà la sua area in vista delle amministrative di Milano? Sostegno pieno alla Moratti?
"È un momento in cui il partito deve dare una grande dimostrazione di unità e se il partito ha come candidato Letizia Moratti, sosterremo Letizia Moratti".
È preoccupato dell’impatto che avrebbe una lista civica di Montezemolo in Lombardia?
"Penso che sarebbe un impatto molto limitato. Vedo molti leader e pochi elettori e molto poco spazio per qualunque terzo polo in Lombardia, sia per quello che già c’è, sia per l’ingressodi Montezemolo, perché gli italiani hanno ormai scelto per il bipolarismo e in Lombardia questa scelta mi sembra ancora più accentuata. Certo, a un patto: che il popolo moderato riprenda in mano l’iniziativa".
Crede che i congressi in Lombardia prima del voto sarebbero salutari?
"Se ne discuterà martedì al nuovo ufficio di presidenza nazionale. Circola l’idea di rinviare i congressi. Non è che mi convinca molto, perché è un modo per coinvolgere i nostri militanti. La mia idea è che i congressi è meglio farli che non farli. Il discorso vale anche per la Lombardia ma non solo".
Che ne pensa di Albertini? Si candiderà?
"Credo che non si candiderà. Ho sempre espresso questa convinzione e mi sembra che più tempo passa, più scema questa possibilità. Mi sembra che stia facendo la scelta giusta".
Lei si candida alle politiche?
"Se saranno a marzo, esattamente un anno dopo che sono stato eletto, non intendo candidarmi".
L’alleanza con la Lega in Lombardia sembra un po’ in affanno.
"Ci sono differenze che non ci impediscono di essere alleati, ma non siamo omologati, non siamo la stessa cosa. Sappiamo di essere un partito diverso, per cui tra di noi c’è lealtà ma anche concorrenza".
Quali sono le prinicpali divergenze di vedute?
"Loro parlano di federalismo fine a se stesso, noi siamo per la sussidiarietà, per dare spazio alle famiglie e alle imprese. Loro sono per un localismo talvolta esasperato, noi crediamo nelle autonomie di tradizione sturziana. Noi pensiamo a un mix di pubblico e privato, tanti loro sindaci hanno invece una visione statalista, comunalista.
Lei ha detto che la Lega vota col Pd.
"Capita in diverse amministrazioni locali".
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