Geniale, irripetibile, surreale. Maestro dell'assurdo, del nonsense e del grottesco. Parliamo di Benito Franco Jacovitti, il grande Jac, nato un secolo fa (il 9 marzo 1923) a Termoli. Oreste del Buono di lui disse: «Tre sono gli autori che hanno descritto meglio l'Italia del Novecento: Fellini, Sordi e Jacovitti». E proprio alle 18 di oggi, 9 marzo, al Maxxi di Roma si celebra il centenario della nascita del fumettista molisano presentando il volume 100 anni con Jacovitti, che ne ripercorre la lunga e fortunata carriera. Saranno presenti la figlia Silvia e i curatori del libro Stefano Milioni ed Edgardo Colabelli, quest'ultimo fondatore prima dello Jacovitti Club e poi della Casa Museo Benito Jacovitti a Roma, zona Mezzocammino. Un piccolo scrigno che racchiude una incredibile collezione di tavole originali, pubblicazioni, oggetti da collezione e memorabilia ispirata ai personaggi creati dal disegnatore. Ci sarà anche il cantautore Simone Cristicchi, che a sedici anni si dedicava al disegno ed era allievo proprio di Jacovitti.
Jac è stato un autentico fuoriclasse, un talento naturale. A sedici anni esordisce con le prime strisce: siamo a Firenze, dove frequenta l'Istituto Statale d'Arte assieme a Franco Zeffirelli e Federico Fellini; allo stesso tempo disegna otto ore al giorno. È alto e magro, tanto che viene soprannominato «lisca di pesce»: un nomignolo che trasformerà presto in immagine da apporre quale firma ai suoi lavori. Nel 1940 crea per Il Vittorioso, settimanale di area cattolica, il personaggio di Pippo, presto affiancato dai sodali Pertica e Palla. Il trio riscuote l'apprezzamento dei lettori, da qui in avanti la via è spianata e nasce una serie di figure di successo: Gionni Galassia, Tom Ficcanaso, Zorry Kid, Cip l'Arcipoliziotto. Ma soprattutto Cocco Bill, che esordisce nel 1967 sulle pagine de Il Giorno dei ragazzi per passare l'anno successivo al prestigioso Corriere dei Piccoli.
Immaginate un cowboy rissoso e fumantino che estrae la pistola alla velocità della luce, beve camomilla e galoppa su di un cavallo parlante chiamato Trottalemme. Avendo un padre che per un certo periodo lavora come operatore in una sala cinematografica, Jacovitti sviluppa la passione per il Far West per poi giungere a collezionare vere colt e fucili Winchester. È però sprovvisto di porto d'armi, per cui la guardia di finanza gli sequestra tutto. Cocco Bill si rivela un successo incredibile, tanto che le sue battute finiscono sulle réclame dei gelati Eldorado e ancora nel 2000 il pistolero diventa protagonista di una serie di cartoni animati per la Rai.
Jacovitti è anche la star del Diario Vitt, un prodotto educativo per gli studenti pensato dalla casa editrice de Il Vittorioso, la A.V.E. Un successo editoriale che raggiunge la tiratura di tre milioni di copie. Negli anni Cinquanta e Sessanta non c'è studente che non lo abbia con sé. I testi sono di giornalisti del calibro di Montanelli, Zavoli, Gervaso; le illustrazioni di Jacovitti. Una collaborazione durata trent'anni e terminata bruscamente per volontà dell'editore, dopo che il disegnatore aveva iniziato a pubblicare sulla rivista erotica Playmen.
Negli anni Settanta le avventure della Famiglia Scannabue, di Cocco Bill, di Jak Mandolino (uno scalcagnato ladruncolo affiancato dal diavoletto tentatore Pop Corn), sono protagoniste di Gulp! e SuperGulp, le fortunate trasmissioni dei «fumetti in tivù» di Guido De Maria. Negli stessi anni Jacovitti viene contestato dai lettori di Linus, che non gradiscono le frecciate ironiche al movimento studentesco contenute nelle pagine di Gionni Peppe. D'altronde il maestro di Termoli non è mai stato al servizio del conformismo culturale. Si definiva liberale anarcoide. Nel 1951 subisce gli strali di Togliatti per via di un mazzo di carte illustrate con disegni satirici anticomunisti. Realizza gratis dei disegni per la campagna elettorale del Msi, altri li regala ai Radicali per raccogliere fondi. Si fa invece pagare bene quelli per la Democrazia cristiana, partito dalle ingenti capacità economiche!
Le sue celebri tavole panoramiche mostrano il grande talento nella composizione visiva e una forma straripante di horror vacui. Sono disegni pieni di personaggi deformi, oggetti antropomorfi, battute, giochi di parole. Non hanno spazi liberi: ogni piccola porzione del foglio mostra qualcosa, un pettine, una sigaretta, un verme, un salame. E proprio un salame con le gambe accompagnava il cognome dell'artista sulla cassetta delle lettere di casa. Se dovessi accostare Jacovitti a un pittore, penserei a Hieronymus Bosch e ai suoi quadri affollati di dettagli fantastici e mostruosi. Lui però preferiva citare le tele di un altro fiammingo, Bruegel.
Jacovitti è stato un artista poliedrico, capace di passare dalle illustrazioni di fiabe e classici come Pinocchio a una buffa e personale rivisitazione del Kamasutra fatta di sederoni, tettone e nasoni esplicitamente fallici. Non c'è genere di storia con cui non si sia cimentato: avventura, giallo, western, fantascienza.
Nel 1994 gli viene conferito il titolo di Cavaliere al Merito da parte del Presidente Scalfaro. Scompare tre anni dopo a Roma assieme al suo sorriso, al fumo dell'immancabile sigaro e agli occhiali dalla montatura nera. Ci lascia però una inestimabile eredità di umorismo e comicità.
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