Ma il funambolo del potere fa orecchie da mercante

Egidio Sterpa

Certo, la spallata non ci sarà, perché il centrodestra in Parlamento è diviso, come Casini ha voluto dimostrare con la sua manifestazione di Palermo. Nel Paese però, come ha documentato spettacolarmente la manifestazione di Roma, è il centrosinistra a essere in minoranza. Se ne riparlerà a primavera, quando ci saranno elezioni amministrative che interessano 13 milioni di abitanti. Non è da escludere che saranno gli stessi soci del centrosinistra a pretendere chiarimenti.
Prodi per ora tira diritto, muovendosi funambolicamente tra le contraddizioni degli alleati dell’estrema sinistra e dei cosiddetti riformatori. Un riconoscimento gli va dato: ha bene imparato che cos’è il potere e vi si destreggia con abilità equilibristica. Chiunque avrebbe avvertito il peso di una manifestazione come quella di sabato. Per lui, nulla cambia: la sua insensibilità è ormai proverbiale.
No, non sarà facile coglierlo in fallo, anche se la Finanziaria è certamente la peggiore degli ultimi anni: bocciata dall’Ocse, oggetto di moniti anche dalla Banca d’Italia, rimaneggiata più volte e persino maldestramente in punti delicati. Impudicamente difesa perché ammetterne le debolezze avrebbe l’effetto di un pericoloso boomerang. Ma sì, grazie ai senatori a vita, anche a Palazzo Madama ci sarà un passaggio verso il Natale per Prodi e soci.
Ben altre battaglie, però, attendono l’opposizione, forse persino più decisive. Ce n’è già una pronta per le prossime settimane alla Camera: quella sulla riforma delle professioni, che venerdì scorso il Consiglio dei ministri ha approvato nonostante i molti segnali di contrarietà. Il più importante è venuto proprio poche ore prima da uno scritto di Giuseppe De Rita su Il Sole-24 Ore, con un titolo significativo: Tutte le ragioni dei professionisti. De Rita non è quidam de populo qualsiasi, e il suo monito, autorevole, era carico di razionalità e logica. È stato ignorato. C’è solo da sperare che lo tenga in conto il Parlamento.
I promotori di questa riforma parlano di liberalizzazione delle professioni. Argomenta invece De Rita: «In realtà il sistema professionale vive da tempo in stato di liberalizzazione permanente». Il che è dimostrato dalla crescita costante di iscritti agli Albi: sono cinque milioni e più i professionisti, quasi due milioni iscritti all’Ordine. Sono categorie che vivono in regime di concorrenza e secondo dinamiche di mercato. Che c’è da liberalizzare, dunque? Semmai, afferma De Rita, vanno avviati processi di formazione specialistica, di internazionalizzazione, di certificazione di competenze, precisando e stabilendo vincoli minimi di qualità.
Un bel sasso in piccionaia questo lanciato dal professor De Rita, che ha inutilmente sollecitato un proficuo dibattito su professioni che più liberali non potrebbero essere. Il risultato, quasi a dispetto, è uno smisurato disegno di legge che sembra dettato da pregiudizi più che dal desiderio di introdurre elementi di ragionevolezza in un mondo che più di qualunque altro ha a che fare con la libertà e il mercato. È da almeno trent’anni che si parla di una riforma nel settore e ci si arriva nel modo peggiore, senza dibattito, senza confronti, per imposizione e con un disegno di legge che contiene una delega sconfinata al governo.


La reazione del mondo delle professioni non poteva che essere forte: subito, per cominciare, uno sciopero degli avvocati con astensione dalle udienze, una dura protesta del Comitato unitario professionisti, che raggruppa ben 27 Ordini e giudica il disegno di legge governativo «il peggiore testo mai circolato». La lettura del disegno di legge, francamente, solleva dubbi e preoccupazioni non solo nel mondo delle professioni. Fermiamoci qui per ora, sarà il caso di tornarci su.

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