G8, ecco chi sta preparando la guerra Rapporto dei Ros: 85 i gruppi a rischio

Pronti a muoversi centri sociali, no global, sindacalisti di base e anarco-insurrezionalisti provenienti da tutta Europa. Gli arresti per gli scontri di Torino presi a spunto "per reagire alla repressione". Zona rossa già off limits

G8, ecco chi sta preparando la guerra  
Rapporto dei Ros: 85 i gruppi a rischio

L’Aquila - La retata di ieri mattina dei no-global di Torino si sarebbe forse potuta rimandare di qualche giorno, vista la coincindenza dell’evento planetario. A seguito dell’arresto di ventuno «antagonisti» per gli incidenti avvenuti il 19 maggio scorso durante il G8 University Summit (uno di loro è stato preso proprio a l’Aquila), l’ala dura e pura del movimento ha infatti ripreso fiato e soprattutto spunto per invitare i compagni dei centri sociali più radicali e le frange anarchiche più «disobbedienti» a una risposta forte contro la «repressione dello Stato». In parallelo l’ala politica del movimento, sotto la sigla Patto di Base (Cobas, Sdl, Cub) ha ufficializzato il ricompattamento esprimendo solidarietà ai teppisti ammanettati e accusando il governo di «intimidire il movimento» e di «creare un clima di forte tensione per scoraggiare la partecipazione alla manifestazione nazionale del 10 luglio e introdurre elementi di provocazione tesi a giustificare eventuali inaccettabili aggressioni delle forze dell’ordine al corteo anti-G8».

C’è nuova e insistente fibrillazione nell’area di riferimento dei «movimenti» e fra i cani sciolti che indossano le felpe nere. Aria insalubre che potrebbe sfociare in contestazioni «mordi e fuggi» in occasione del G8, ma che da mesi viene respirata come ossigeno rigenerante per nuove e diversificate forme di contestazione. Nell’ultimo dossier dei carabinieri del Ros non a caso si fa riferimento all’«assemblea del Global Meeting Network tenutosi a Bologna l’8 febbraio 2009 cui hanno partecipato 150 ex disobbedienti in rappresentanza dei principali centri sociali». Fra i temi sul tavolo non tanto, e non solo, l’«adozione da parte del movimento della denominazione No-Logo per esprimere al meglio la volontà di sfuggire alla “chiusura identitaria e di rappresentanza” del passato» quanto piuttosto il via libera «per una “piena libertà di azione” ai militanti». I quali dovranno «autonomamente ricercare nel proprio territorio “gli aspetti peculiari di conflitto” e gli interventi più adeguati». Il tutto, ovviamente, finalizzato all’instaurazione di un «nuovo soggetto politico», da organizzare «secondo una logica federativa» con a capo i maggiori centri sociali «essenziali per il loro radicamento nel territorio dove va intercettato il conflitto». Per farsi pubblicità e per misurare le proprie potenzialità, il «nuovo» movimento ha in mente da tempo svariate strategie coincidenti con l’appuntamento dell’Aquila: non ultime «azioni di elevato impatto mediatico - insiste il Ros - con il concorso delle realtà del lavoro identificabili nel sindacalismo di base». Le prove generali, da Torino a Vicenza, non si contano.

A tutt’altro progetto politico, seppur ispirato a un’idea federativa, si rifà la componente più radicale del movimento intenzionata a creare problemi nei prossimi giorni: quella anarchico-insurrezionalista, protagonista di numerosi attentati, sempre più spesso alleata ai no-global negli scontri con le forze dell’ordine. A una delle undici sigle che compongono la «Fai» (Federazione anarchica informale) sarebbero in qualche modo collegati i due presunti bombaroli fermati per il sabotaggio sulla ferrovia tra Orte e Ancona, e alcuni «personaggi di rilievo» monitorati prima e dopo i tafferugli del 4 luglio a Vicenza. Proprio per la delicatezza dell’imminente summit dei grandi della Terra, il Ros ha dovuto aggiornare il monitoraggio in quest’area eversiva (nel quale sono confluite anche le intercettazioni tra il brigatista Fallico e il ferroviere sassarese Bellomonte a proposito di un attentato al G8: «Bisogna fare qualcosa di grosso...»).

In cima alla black-list c’è il centro sociale «Gramigna» di Padova, famoso per alcuni dei suoi componenti arrestati e condannati quali appartenenti alle nuove Br, ma anche per le successive manifestazioni di solidarietà organizzate, non a caso, all’Aquila, nel cui carcere era detenuta Nadia Desdemona Lioce, killer di Biagi e D’Antona. Lo stesso dicasi per il centro sociale milanese «Panetteria Okkupata» a causa di presunti legami col famigerato «Partito comunista politico-militare». A seguire ecco gli attivisti dell’«Insurgencia» (di cui fa parte uno degli arrestati di ieri) protagonisti delle proteste contro l’apertura della discarica di Chiaiano.

Occhi puntati dei carabinieri su ben sette «realtà» romane, quattro piemontesi, cinque venete, otto toscane, sei liguri, tre napoletane, quattro abruzzesi (su tutti «Spazio Libero 51» dell’Aquila che potrebbe fungere da base per l’attività dei centri sociali) e una decina sparse ovunque nel meridione. Fra queste ultime particolare attenzione viene riservata al «giro» che ruota attorno agli ex della «Rete meridionale del Sud ribelle» sotto inchiesta per banda armata a Cosenza, e poi assolti. In queste ore si rivedono i filmati dei fiancheggiatori del centro sociale occupato «Crash» (13 indagati dopo lo sgombero forzato) di Bologna, città recentemente presa di mira dagli squatter anarchici con più attentati ai bancomat.

Si approfondiscono i segnali legati all’iperattivismo antagonista registrato in Umbria, dove solo a Spoleto in cinque sono finiti al fresco per aver costituito la cellula «Coop-Fai». E si cerca di capire cosa sta succedendo a Pisa, con gli anarco-insurrezionalisti alle prese con riunioni «carbonare» di proselitismo fino a Livorno che sfociano in blitz alle sedi del lavoro interinale Adecco. Sono oltre 85 le organizzazioni tenute sott’osservazione in queste ore ma una particolare attenzione meritano quei gruppi «senza fissa dimora» in stretto contatto con un migliaio di attivisti appartenenti alle frange anarchiche in arrivo dalla Germania, dalla Francia, dalla Spagna, e quel che più fa paura, dalla Grecia.

Dove i black bloc da mesi colpiscono caserme dell’esercito, commissariati di polizia, ministeri, banche, scuole, supermercati, giornali. Il terrore in sessanta sigle: una è pure dedicata al ragazzo morto a Genova: «Brigata Carlo Giuliani» l’hanno chiamata.
(ha collaborato Luca Rocca)

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