da Roma
«Il mio problema non sono i soldi ma la storia che racconteremo». Gabriella Pession, appena tornata da Barcellona dove sta per concludere un contratto di lavoro per un nuovo film da interpretare in Spagna, ha le idee chiare sul clima di polemiche che si respira attorno alla seconda serie della fiction Capri: «È un'atmosfera che non piace, dice senza mezzi termini l'attrice milanese, trent’anni il prossimo autunno. Sto vivendo il problema in maniera defilata. Per quanto mi riguarda voglia ed entusiasmo non mi mancano, accetterei volentieri di interpretare il seguito. Ma mi piacerebbe che questa seconda serie di una fiction dal successo davvero inaspettato fosse festeggiata nel migliore dei modi e non ci fossero nuvole all'orizzonte. Invece leggo dichiarazioni sui compensi, sui tempi di lavorazione ridotti, sul budget. Per me l'unica cosa importante è invece che i personaggi abbiano qualcosa di interessante da raccontare, per evitare un flop che nessuno vorrebbe».
Dunque almeno lei rompe gli indugi: salvo imprevisti continuerà a interpretare Vittoria Mari?
«Ne sarei onorata. Il successo della fiction è merito della storia ma anche del clima che si è creato tra noi della troupe nei mesi di lavorazione. Dirò di più: sono legata sentimentalmente a Capri. Ho vissuto un rapporto intenso con l'isola, con i colleghi ed è li che ho incontrato l'amore. Sergio Assisi ed io non ci nascondiamo più, ormai facciamo coppia fissa. L'inizio d'anno l'abbiamo festeggiato insieme a Capri Hollywood. E con noi c'erano anche mio padre e mia madre».
Un fidanzamento in piena regola. Ma come è cambiata la sua vita con il successo della fiction?
«Posso essere sincera? In nessun modo. Io sono per carattere un'insicura, non mi sono montata la testa e continuo a stupirmi delle attenzioni che la gente mi riserva. Ci sono persone che mi fermano per strada chiamandomi Vittoria e mi abbracciano forte forte. Segno che siamo entrati completamente nel cuore del pubblico».
Quanto le somiglia Vittoria?
«Molto. A differenza di Elena Deodati, il personaggio interpretato in Orgoglio, che caratterialmente era l'opposto di me, Vittoria la considero una mia fotocopia. Siamo tutte e due viscerali, spontanee, contraddittorie. E amiamo stare in mezzo agli altri per paura della solitudine, per la quale da bambina ho sofferto tantissimo. Inoltre non ci piace stare fermi nemmeno un istante. Il lavoro è la mia droga e per questo sono piena di progetti da realizzare o già realizzati».
Come Graffio di Tigre la miniserie in due puntate diretta da Alfredo Peyretti, che vedremo su Rai uno in febbraio ed ambientata durante la seconda guerra mondiale.
«Esattamente. Interpreto Ginevra, la nuora di un'intellettuale fascista, che vive con lui un rapporto complicato nel momento in cui mio marito, interpretato da Andrea Bosco, parte per la guerra. E quando Sergio Assisi, che fa la parte di un amico di mio marito, verrà a trovarmi nella fattoria in cui vivo, deciderò di entrare nella resistenza».
Anche in Spagna ha appena interpretato un film politico...
«Sì. È intitolato Le tredici rose ed è la storia di altrettante donne fucilate all'epoca del franchismo. Ma si tratta di un caso. Accetto le parti a seconda del tipo di personaggio che mi offrono, non certo per il colore politico o l'impegno sociale. Tra breve tornerò nella nuova serie de Il Capitano e intanto faccio parte del cast del seguito di Palermo Milano solo andata, intitolato Milano Palermo il ritorno, diretto ancora una volta da Claudio Fragasso e interpretato da Giancarlo Giannini, Raoul Bova, Ricky Memphis, Enrico Lo Verso».
Quattro film nel 2007, un altro paio di progetti pronti a partire. Non ha paura di inflazionarsi ?
«Il rischio c'è. E infatti, a volte sento che sarebbe giusto fermarsi. Vorrei riposarmi, dedicarmi alle passeggiate e alla lettura. Come mi piacerebbe avere un figlio al più presto. Ma dopo dieci anni di gavetta finalmente è arrivato il mio momento. Devo spingere nel lavoro più che posso».
E pensare che ha iniziato per caso...
«Vero. Ero un’atleta di pattinaggio su ghiaccio. I primi passi li avevo mossi a otto anni. Arianna, la mia migliore amica d'infanzia, praticava quella disciplina e io volevo imitarla. Cosi misi in croce mia madre, per provare. Andai oltre ogni previsione, fino ad arrivare in nazionale. Ma a quindici anni, durante una gara, mi ruppi i legamenti del piede sinistro e addio pattini.
Cosa le ha insegnato l'esperienza sportiva?
«L'impegno e la disciplina. Sono molto severa con me stessa. Esigente. Ma poi sono proprio queste le armi che sto usando per arrivare al successo».
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