Galleria Bolzani, una mostra poi la nuova sede

C’è tempo ancora sino a metà febbraio, poi la più antica delle gallerie d’arte di Milano, la Galleria Bolzani di corso Matteotti, dovrà chiudere i battenti e cercarsi un’altra sede. Mancato rinnovo della locazione è la formula burocratica, dietro la quale si nasconde in fondo la fine di un’epoca e di un modo di fare cultura. Era il 1938 quando Guido Bolzani aprì le sale di palazzo del Toro, un gioiello dell’architettura razionalista italiana dell’epoca, per l’inaugurazione della personale di Lodovico Cavaleri: padrini d’eccezione, Paolo Grassi e Remigio Paone, due nomi che fanno parte della storia intellettuale di Milano. Da allora, per tre generazioni, prima Guido, poi suo figlio Benigno, infine il nipote Alberto fecero di questa galleria un centro deputato di arte e di incontri. Negli anni, ecco le collettive o le mostre a tema intorno a Fattori e Favretto, Gola e Ettore Tito, Signorini e Morbelli; e poi le personali di Mosè Bianchi e Michele Cascella, Lilloni e Spadini, Tamburi e Ziveri… Fra i più assidui frequentatori, la mente torna a Dino Buzzati, che nelle sue vesti di critico d’arte del Corriere della sera, ne scrisse in pratica sino alla morte. Da oggi e fino alla chiusura, la galleria Bolzani offre come saluto al pubblico un vero e proprio viaggio nell’arte: le illustrazioni anni Trenta di Vittorio Accornero; quelle anni’50 e ’60 di Giorgio Dall’Aglio; gli oli di Giovanni Fattori e di giacomo Grosso; l’arte lombarda del Novecento; alcuni capolavori dell’Ottocento napoletano e romano; l’acquerello contemporaneo di Ettore Maiotti; la ricercata arte aborigena australiana di Minnie Pwerle.

Riconosciuta come “attività storica” dal Comune di Milano, dalla Regione Lombardia e dal Touring, quella della Galleria Bolzani continuerà comunque in una nuova sede: nel segno della tradizione, nel nome della passione artistica.

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