Galliani: «Non mi sono mai occupato di arbitri»

«Devono farsene una ragione: non esiste una sola mia intercettazione. Io mi interessavo di Lega e di politica federale»

Franco Ordine

«Devono farsene una ragione: in circolazione non esiste una sola mia intercettazione. Si convinca anche Cannavaro, il capitano della Nazionale che si meraviglia commettendo un grave errore. E lo sapete perché? Perché io non mi sono mai occupato di mercato, curato da Braida, né di arbitri. Capisco che dopo l’esito delle elezioni ci sia in giro un clima da vendetta del conte di Montecristo, ma la realtà è questa. Io con Moggi parlavo al telefono una-due volte l’anno. È bene che si arrendano all’evidenza. Mi occupavo di altro, di Lega e di politica federale».
Adriano Galliani, vice-presidente esecutivo del Milan, ha in mano il fascicolo delle intercettazioni che viene ripubblicato a puntate e che sembra sistemato su un paio di rivelazioni, già smentite dai fatti oltre che dagli interessati. E col fascicolo in mano risponde al polverone sollevato. Come la storia del dossier Paparesta. Di cosa si tratta è possibile leggere sulla Gazzetta dello Sport del 18 maggio. E se non bastasse ecco la ricostruzione dell’episodio, avvenuta frugando nell’archivio di palazzo Chigi. Meani, addetto all’arbitro della società, passa a Galliani un dossier di Paparesta, revisore contabile del consorzio asso-bio-diesel, da inoltrare al sottosegretario Letta, per chiedere chiarimenti sul profilo fiscale degli olii industriali. «Io non ho neanche letto la documentazione, per me di zero interesse, e l’ho inoltrata a Roma con un mio bigliettino attraverso il fax della mia segreteria», fa sapere Galliani attraverso una nota, che replica in modo puntiglioso, ai sospetti e ai veleni provenienti da una maliziosa lettura del rapporto dei carabinieri.
Altro punto da chiarire: il rapporto con Collina, arbitro al di sopra di ogni sospetto, difeso a spada tratta dal Milan e da Galliani quando si capì chiaramente che la storia dello sponsor (Carraro lo costrinse a lasciare, Lanese si rimangiò l’autorizzazione verbale offerta, ndr) era un «trappolone» per costringere il fischietto viareggino, sgradito al sistema Moggi, a lasciare l’attività con un anno di anticipo. Quando Collina si dimise, facendosi da parte, Galliani scrisse una lettera, in qualità di presidente della Lega, a Carraro affinché rivedesse quel provvedimento drastico, e al suo fianco si schierarono molti presidenti di società. Carraro e Lanese furono irremovibili.
Bene: nonostante l’aperta simpatia per il fischietto più bravo e mai chiacchierato, Galliani non l’ha mai incontrato, specie a Lodi, in gran segreto. Incontro peraltro solo ipotizzato dai Cc, che non ne hanno trovato traccia alcuna. A Collina, semmai, Meani, dirigente addetto all’arbitro per conto del Milan, ha fornito una specie di denuncia, ha cioè riferito di un colloquio informale avuto con Ancelotti, ai tempi tecnico della Juventus, secondo il quale era Moggi a decidere anche la cadenza del calendario, oltre a conoscere un giorno prima del sorteggio l’abbinamento arbitro-Juventus.
Infine il profilo delle conversazioni di Leonardo Meani. Nel merito la posizione suggerita dall’avvocato Leandro Cantamessa è la seguente: «Esse dimostrano con sempre maggiore incisività che il sistema organizzato da terzi, oltre che esclusivo, era di tale solidità da non conoscere possibili contrasti». Adriano Galliani infatti si è riconosciuto in una dichiarazione fatta da Meani - «Galliani è incazzatissimo perché Moratti e Berlusconi spendono soldi, e loro vincono così» - a uno dei suoi interlocutori.

Non solo, ma lo stesso Meani, a un certo punto, si fa anche investigatore chiedendo ripetutamente a uno degli assistenti di conoscere il meccanismo di Moggi: «Come fanno? Intervengono prima?». «Poi ti spiego», è la risposta dell’interessato, che si smarca dal pressing.

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