Un altro ricordo di Ghio, onorevole Dc «senza zio»

Dopo aver letto qualche tempo fa il ricordo dell'indimenticabile amico on. Enrico Ghio, documentato sul nostro Giornale dal comune amico ed ex assessore al Traffico del Comune di Genova, Tullio Mazzolino, voglio anch'io precisare alcune piccole, che poi tanto piccole non sono, «cose», che mi paiono del tutto attuali e pertinenti al carattere, alle notevoli capacità ed alla dirittura morale dell'on. da non molto scomparso e che onorò l'intera Liguria e non solo con l'esempio.
Rimembro perfettamente il motto di presentazione del tutto originale ed emblematico di Enrico: «Piacere sono l'onorevole Enrico Ghio, deputato senza zio», come era suo costume presentarsi ai Congressi ed alle assemblee della Dc in evidente bonaria polemica con il collega Francesco Cattanei, anche lui deputato e nipote del Ministro Giorgio Bo (senatore appartenente alla sinistra Dc), ma desidero aggiungere alcuni particolari, che del resto in parte avevo già annotato in un articolo pubblicato in occasione della scomparsa dell'on. Ghio uomo politico, onesto, integerrimo e «tutto di un pezzo» e che amava fortemente l'ironia e la polemica, senza dubbio una caratteristica integrante del suo forte carattere e della sua spiccata personalità, che non amava compromessi e mezze misure.
Avevo conosciuto fin da giovane Enrico Ghio e ci davamo costantemente del lei, contrariamente all'uso troppo retorico della Dc e mi soleva dire: «Veda: i comunisti si chiamano compagni e si danno del tu, ma si odiano cordialmente, i fascisti si chiamano camerati si danno del tu (prima del voi), ma fanno altrettanto e i Dc si professano amici, si danno del tu, ma forse si detestano ancora più degli altri». Dopo qualche tempo lo stesso Ghio, non ricordo esattamente in quale occasione, ma quasi certamente in uno dei tanti congressi provinciali Dc, cui partecipavo in qualità di delegato della Sezione di Bogliasco, mi disse: «Ora ci conosciamo abbastanza, possiamo darci del tu, perché ho notato che sei prima di tutto un vero e sincero amico e poi sei anche tu un Dc anomalo ed indipendente come sono io». Ebbene da quel giorno la reciproca stima ed amicizia fu notevolmente consolidata e tale rimase fino alla scomparsa del compianto on. (fra parentesi ci scambiavamo regolarmente o per lettere o per telefono gli auguri per le feste ed altre occasioni e l'on. Ghio fu il promotore della mia nomina a Cavaliere della Repubblica di cui sono grato e lo dico per lui e non per farmene un vanto che poi...).
A testimonianza della fedele e costante amicizia con Enrico voglio citare quello che mi scrisse la sua amatissima moglie, Maria Lagostena Ghio in occasione della sua scomparsa: «Riconoscente per la reciproca stima ed amicizia cordiale che lo ha unito nella vita politica al mio caro marito per lunghi anni di lavoro comune».
Con Enrico militavo nella corrente centrista della Dc diretta dall'ex ministro dell'Interno di De Gasperi e poi anche Presidente del Consiglio, validissimo ed esemplare uomo politico Mario Scelba ed alla stessa corrente a Genova tra i suoi principali esponenti appartenevano l'on. Roberto Lucifredi, capofila indiscusso, già ministro e vice presidente della Camera e l'on. Pietro Zoppi di Levanto, oggi tutti scomparsi.
Alla morte dell'on. Mario Scelba la corrente centrista passò la mano all'on. Luigi Oscar Scalfaro, già purtroppo Presidente della Repubblica, che da perfetto voltagabbana «destrissimo» passò alla sinistra e divenne talmente sinistrissimo da essere proclamato Presidente dell'Anpi (quando si pensi che era stato magistrato e forse anche un po' fascistello, una perfetta controfigura di Pulcinella servo di due padroni).
Ebbene in quell'occasione (cioè quella del passaggio dalla destra alla sinistra quasi estrema) telefonai all'amico Enrico Ghio e gli dissi: «Con Scalfaro come la mettiamo?». E lui papale papale mi rispose: «Gli ho vietato d'ora in poi di venire a casa mia». Quale coerenza, quale disinteresse, quale coraggio e quale virtù politica e civile ed oggi uomini di questa tempra ce ne vorrebbero eccome e forse più di allora.
Desidero aggiungere a questo mio ritratto del caro Enrico Ghio le stesse parole di Mazzolino. «Ghio un politico con un forte carattere, portato spesso alla polemica, che non ammetteva compromessi ed inciuci. Fervente cattolico, la sua risolutezza non era mai intransigenza. Della fede cattolica aveva fatto il perno della sua esistenza».
È anche da ricordare che Enrico Ghio proprio per la sua coerenza e la sua integrità subì un vile e crudele attentato da parte delle Br e fu in quell'occasione fortunato da non rimetterci la vita ed anche questo triste e drammatico episodio torna tutto a suo onore.
Ma voglio concludere con un ricordo più allegro e perciò molto più attinenti alla personalità di Enrico Ghio. Durante una delle tante campagne elettorali l'on. Ghio era venuto a parlare a Bogliasco, ove ero membro della direzione della Sezione Dc ed in attesa del comizio, io non so perché nominai un certo Prof. dell'Università e uomo politico appartenente ad un partito laico, che non dichiaro per carità di patria, che secondo una tradizione, anche goliardica, «portava sfiga».
Ebbene Enrico sorridendo, in genovese mi disse: «Non ci credo, però ti riporto questo episodio. Mi trovavo a parlare per il quadripartito in un paese della Liguria e con me doveva parlare l'avv. Ramella del Psdi, un altro esponente di altro partito della coalizione e l'innominato e quando io, l'avv. Ramella e l'altro oratore siamo sul palco, sale anche il così detto “iettatore”; lo stesso palchetto crollò ed i quattro oratori si trovarono per terra e dallo stesso palchetto fuoriuscivano solo le teste. Sarà vero o no che l'innominato “porti scalogna”, ma da quel momento ho iniziato a dubitare».


Ho appositamente voluto riportare questo ultimo singolare episodio, perché sono sicuro che dall'aldilà, dove senza dubbio Enrico si trova, me ne sarà grato e ne trarrà un radioso un po' ironico sorriso, come era solito fare con gli amici a lui più cari.

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