«La partita di cui non parlo»

«La partita di cui non parlo»

Un doppio ex, dal recente, brevissimo e sfortunato passato in entrambe le squadre. Per Pietro Lo Monaco Palermo-Genoa non sarà mai una sfida come le altre. «È l'ultima partita di cui mi va di discutere, perché sapete benissimo come è andata. Faccio un in bocca al lupo ai due club, augurandogli una meritata salvezza», queste le parole del dirigente sportivo di Torre Annunziata, raggiunto telefonicamente nella «sua» Messina, dove è proprietario, dal giugno dello scorso anno, della società che attualmente milita in Serie D. Per lui, arrivato nel grande calcio grazie al Catania e alle brillanti operazioni sudamericane di mercato compiute tra il 2006 e il 2012, le esperienze di Genova e Palermo non sono certo da ricordare positivamente. Due mesi esatti in Liguria e poco più di quattro mesi in Sicilia. Alla base degli addii gli ormai conclamati screzi con i due focosi presidenti, Enrico Preziosi e Maurizio Zamparini.
I due mesi nel Grifone. E pensare che nel Genoa Lo Monaco era arrivato in pompa magna e con un ruolo che era ben diverso da quello ricoperto a Catania: da amministratore delegato a general manager. Il presidente Preziosi, nella presentazione ufficiale avvenuta l'1 giugno 2012, aveva addirittura dichiarato: «Faccio un passo indietro, Pietro avrà delega assoluta». Poteva cominciare un nuovo ciclo per il Grifone, con questa nuova figura dirigenziale che sperava di ripetere gli affari e le plusvalenze ottenute a Catania, mettendo finalmente ordine ad un mercato genoano che negli ultimi anni era stato più bizzarro che fruttifero. Invece, dopo aver intavolato diverse trattative con alcuni sconosciuti giocatori argentini, come Francisco Silva o Pablo Mouche, e aver portato in Liguria l'oggetto misterioso Anselmo, suo unico vero acquisto, l'1 agosto il cinquantottenne campano si dimetteva irrevocabilmente. I dissidi con Preziosi erano nati per il prestito del portiere Perin al Pescara e per l'impedimento ad agire, come prestabilito inizialmente, con pieni poteri.
A Palermo la rivoluzione. Senza perdersi d'animo, l'ex dirigente catanese, capace nel 2008 anche di litigare in diretta tv con Josè Mourinho, che sosteneva di conoscere solamente il Principato di Monaco o Monaco di Baviera, ma nessun Lo Monaco, il 27 settembre trovava l'accordo con Maurizio Zamparini: nuovo amministratore delegato del Palermo, con una promessa di acquisizione del 10% di azioni societarie rosanero (accordo che poi non è mai stato formalizzato ndr). Sembrava un progetto serio. Sembrava, dopo aver assistito alla caduta libera del Palermo dell'ex genoano Gasperini e aver tentato a gennaio una coraggiosa rivoluzione di mercato, acquistando, oltre al suo pupillo Anselmo dal Genoa, anche la solita colonia argentina (Formica, Boselli, Faurlin, Sperduti), i primi giorni di febbraio Lo Monaco rassegnava le sue dimissioni in seguito all'esonero del tecnico Gasperini.
Parole amare. Un altro finale inaspettato e prematuro, con il secondo «fallimento» consecutivo nel giro di pochi mesi, per Lo Monaco, che recentemente ha dichiarato: «Responsabile della retrocessione di Genoa o Palermo? Anche se si è lavorato in un ambiente per un solo giorno, non è possibile lavarsi le mani».

Nelle sue parole il triste rammarico di non aver potuto dimostrare le sue qualità dirigenziali in due importanti club che, forse anche a causa sua, sabato sera al Barbera si giocheranno un vero e proprio spareggio salvezza.

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