Genovese dà speranza anche al cinema italiano

Un film pericoloso. Nel senso che toccare certi temi, come la felicità e la sua ricerca, è fortemente a rischio di retorica e, volendo, potrebbe anche essere interpretato come presuntuoso

Genovese dà speranza anche al cinema italiano

Un film pericoloso. Nel senso che toccare certi temi, come la felicità e la sua ricerca, è fortemente a rischio di retorica e, volendo, potrebbe anche essere interpretato come presuntuoso. Non però se lo affidi a Paolo Genovese, uno dei pochi registi italiani capaci di dirigere. Può sembrare lapalissiano, quasi una banalità, ma vedendo lo stato dell'arte del nostro cinema, contiene una profonda verità. Un titolo di Genovese non ti lascia mai indifferente. Può piacere o non piacere, ma esci comunque (tras)formato dopo la visione. E anche questo titolo sa far cultura, pur con i toni della dramedy che permeano Il primo giorno della mia vita, tratto dal suo romanzo omonimo. La storia è quella di un uomo (Valerio Mastandrea), due donne (Sara Serraiocco, Margherita Buy) e un ragazzino (Gabriele Cristini) che, in un modo o nell'altro, sono sul punto di uccidersi. Un attimo prima, però, arriva uno strano personaggio (Toni Servillo, chapeau), che propone loro uno scambio. Vivere ancora una settimana, per capire come sarebbe il mondo senza di loro, anche attraverso chi hanno lasciato (o chi avrebbero potuto incontrare in futuro) e poi decidere, dopo 7 giorni, se fare ancora il passo drammatico. Mastandrea, perfetto, è una sorta di life coach che però ha un malessere profondo di cui non capisce l'origine e sembra il più determinato a farla finita. La Buy, sensibile e credibile, ha nel cuore il dolore per la perdita improvvisa della figlia. La Serraiocco è una ginnasta, eterna seconda, finita sulla sedia a rotelle dopo una caduta rovinosa. Infine Cristini è un piccolo divo del web, contro la sua volontà, per volere degli insensibili genitori che non capiscono quanto stia male per questo. Servillo, in quella settimana li porta a spasso, li fa riflettere, cercando di farli innamorare nuovamente nella vita. Dopo due anni tremendi, dai quali abbiamo fatto fatica a rialzarci, il messaggio di speranza di Genovese sembra indirizzato a tutto il pubblico.

Quello di riscoprire il senso della vita e «tornare a credere nel domani», senza subirlo. Un film diretto con eleganza, senza mai cadere nella retorica, con attori che recitano al massimo e una trama che non inciampa mai.

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