Gentiloni, il ministro-soldato delle battaglie perse

In Europa l’esponente della Margherita ha proposto di equiparare spot e telepromozioni, e di ridurre gli spazi pubblicitari. Ma il suo emendamento è stato respinto da Bruxelles

da Milano

Prima la Commissione Ue, poi il Parlamento europeo, ora anche anche il presidente dell’Antitrust. A questo ritmo Paolo Gentiloni rischia seriamente di farsi la fama del ministro delle battaglie perse. La riduzione dell’affollamento pubblicitario, la campagna contro i minispot durante le partite di calcio, l’equiparazione tra telepromozioni e pubblicità. Finora il ministro della Margherita non ne ha spuntata una. Per il ddl sul riassetto del sistema tv in Italia dipenderà dal Parlamento, ma la bocciatura pronunciata da Antonio Catricalà complica il cammino. Potrebbe finire come in Europa, dove Gentiloni ha portato a più riprese le richieste del governo italiano in materia di tv (tutte penalizzanti per Mediaset), ma ogni volta ha trovato un muro davanti a sé.
Così, a dicembre l’Europarlamento ha approvato la direttiva «Tv senza frontiere» senza accogliere nessuna delle istanze contenute nell’emendamento ispirato da Gentiloni e firmato dagli eurodeputati della Margherita. Una sonora sconfitta per il ministro delle Comunicazioni che con l’emendamento prevedeva una dieta forzata per le grandi tv commerciali europee. Mentre il testo adottato dall’Europa conferma al 20% il tetto dell’affollamento pubblicitario e riduce a 30 minuti l’intervallo minimo tra uno spot e l’altro durante film, telegiornali e programmi per i ragazzi - programmi parzialmente protetti - e in tutti gli altri lascia invece libere le interruzioni pubblicitarie (col solo vincolo di 12 minuti all’ora come limite massimo), il progetto italiano chiedeva limiti molto più rigidi. Meno pubblicità, almeno 45 minuti tra uno spot e l’altro, e soprattutto l’idea di considerare le telepromozioni una forma di messaggio promozionale, e di conteggiarle quindi nel calcolo totale per il tetto di ogni gruppo tv. Il pacchetto Gentiloni è stata bocciato in toto dal Parlamento europeo. Non solo, l’Ue ha fatto ancora peggio (peggio per il ministro). Ha introdotto anche in Europa (come negli Usa) il «product placement», cioè la presenza di un prodotto in un film o in una trasmissione sportiva utilizzato o mostrato da uno dei protagonisti.
Frattura su tutta la linea con la maggioranza degli altri Paesi Ue, convinti che senza la pubblicità il piccolo schermo avrebbe un futuro difficile, e ancor prima con il Commissario Ue Viviane Reding, promotrice della bozza poi approvata dal Parlamento europeo, che ha sostituito un vecchio impianto comunitario varato negli anni ’80.

Ma appena l’Ue ha chiarito l’indirizzo con cui riscrivere il rapporto tra televisione e pubblicità, allargando le maglie per garantire la sopravvivenza delle tv commerciali, Gentiloni ha minacciato il veto: «La liberalizzazione è eccessiva. Comporta effetti negativi per i telespettatori e l’integrità dei programmi». Quella volta, come rischia adesso, una voce solitaria.

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