Il presidente degli Stati Uniti è l’uomo più solo del mondo. Non è vero che dispone di cento giorni di luna di miele, almeno non è vero quando non è un presidente con alle spalle un partito e un voto molto forte, autorevole e maggioritario, almeno non è vero nell’epoca del terrorismo islamico e della insicurezza economica. Barack Obama non ha ancora affrontato l’anno nuovo del suo insediamento che già è sottoposto a terribili verifiche e a esami che non finiscono mai. Il terrorismo internazionale lo sfida e lo colpisce in India, zona nuova, per questo ancora più pericolosa; lo scetticismo economico internazionale lo colpisce quando guarda al suo progetto economico di new deal rooseveltiano.
Potremmo dire che «l’avevamo detto noi» che un presidente così nuovo, così inesperto e così ingenuo avrebbe avuto difficoltà immediate e spaventose. Si incarica la realtà di dare ragione a chi sa che l’elezione di un presidente degli Stati Uniti è un fenomeno ben più complesso dell’entusiasmo neofita ed eccitato di fan sparsi tra l’America e in giro per il mondo, si incarica la realtà immediatamente di restituire voce alle difficoltà. A Mombai, India, la sfida a Barack Obama è stata delle peggiori, sicuramente l’11 settembre indiano, e non americano, ma nel contempo una guerra di tipo nuovo e il segnale che la vecchia non è finita, anzi ricomincia. A Washington e a Wall Street, il progetto economico moderato di Barack Obama, concepito o per lo meno gestito con i vecchi mediatori centristi di Bill Clinton, incontra le resistenze dei mercati internazionali, e soprattutto i dubbi legittimi di chi sa che questo progetto assomma debito a debito, cioè tenta di reimpostare la grande politica clintoniana degli anni ’90, quando c’era addirittura un surplus nel bilancio, oggi che invece il deficit è enorme.
Capita così che non solo i grandi giornali internazionali che furono fanatici fino all’inverosimile, fino alla faziosità, fino alla calunnia nei confronti del predecessore di Barack Obama e del candidato avversario, John McCain, ora si dicano timorosi e perfino sospettosi. Capita così di leggere su Il Sole 24 Ore delle debolezze del programma economico di Barack Obama.
Ancora una volta potremmo dire che l’avevamo detto noi, che un presidente senza grande esperienza di politica internazionale, né struttura di politica economica, in periodi di difficoltà, come capita spesso ai presidenti degli Stati Uniti, essendo i presidenti degli Stati Uniti più o meno i responsabili della politica mondiale, rischia l’insuccesso o per lo meno la difficoltà immediati. Trascina con sé molti altri Paesi.
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