Giallo di Vertova, catena di morte partita 7 anni fa

Dopo l’omicidio di Maria Grazia Pezzoli il 24 luglio scorso e i suicidi di due testimoni si indaga su un incidente sul lavoro del 2001. Tutto sembra ruotare intorno all’impresa edile intestata alla donna sgozzata

Giallo di Vertova, catena 
di morte partita 7 anni fa

Vertova (Bergamo) - Certo Dame Niang, senegalese di 37 anni, non è propriamente simile al playboy scapestrato Anthony Marson. E nemmeno, conveniamo, Gianluca Rossi, 33 anni, operaio di Pradalunga ha qualcosa in comune con il generale Gordon Machartur. Ma, come dire, questa storia che parte da una donna massacrata con trenta coltellate e si lascia dietro una scia di mistero e di morti sospette, ricorda tremendamente «Dieci piccoli indiani», capolavoro di Agata Christie. Chi sa o crede di sapere muore all'improvviso. E chi non sa nulla, muore comunque misteriosamente.

Suicidi che sembrano delitti. O delitti che sembrano suicidi. Persone informate dei fatti e testimoni più o meno chiave, che si presentano dai carabinieri sereni e ben disposti a collaborare. E poi, dopo ore di interrogatori, tornano a casa come zombie, terrorizzati. Per qualcosa che hanno detto o che hanno saputo. Così persino Vertova, località sopra Bergamo che, in spregio alle guide turistiche, diventa di colpo «silente» (vista la ritrosia, quasi ostile, dei suoi abitanti a parlare di questa brutta vicenda) e non «ridente», rischia di somigliare a Nigger Island, l'angosciante location partorita dalla fervida mente della maestra del giallo. Perché è qui a Vertova, un pugno di case raccolte sotto la Chiesa prepositurale che spazia, come un enorme terrazzo, sulla Val Seriana, che è cominciato tutto.

È il 24 luglio quando Maria Grazia Pezzoli, 45 anni, imprenditrice molto nota, viene trovata cadavere nel retro della sua azienda, la Val.Cop, al numero 65 di via Cinque Martiri. Una strada lunghissima, che si inerpica dal centro del paese e va a spegnersi nel bosco, dopo aver lambito una serie di ville impreziosite da vivai. L'assassino ha infierito sulla donna con trenta coltellate. La gola squarciata. È il marito, Giuseppe Bernini, 52 anni assessore allo sport di Vertova a fare l'orribile scoperta attorno alle 15,30. Nel tardo pomeriggio sarebbe dovuto andare dal notaio con lei per intestarle interamente l'azienda. Il suo alibi regge, ma gli investigatori lo interrogheranno a lungo nei giorni successivi: per ben tre volte. Perché quella scena, anche se qualcuno ha mandato in frantumi un vetro della finestra, non sembra certo la scena di un tentativo di rapina finito nel sangue. E perché sull'impresa, sui suoi dipendenti ed ex dipendenti, sui rapporti commerciali della Val.Cop, specializzata nella lattoneria, c'è molto da chiarire.

A maggior ragione adesso. Dopo la seconda morte sospetta che il cadavere di Maria Grazia Pezzoli ha trascinato con sé. Quella dell'ex dipendente della Val.Cop, Gianluca Rossi, che si è impiccato in un bosco di Pradalunga, quasi appiccicato a Vertova. Rossi se ne era andato sette anni fa dalla Val.Cop. Sconvolto, dice chi lo conosceva bene, dalla morte sul lavoro di un amico, avvenuta in circostanze non molto chiare, in quell'azienda.

Un punto di domanda grande quanto la soluzione di questo giallo, talmente intricato da ingigantire le ombre sul passato dell'imprenditrice «amica e generosa con tutti». Vediamo perché: Bernini si è ucciso l'11 agosto, cioè solo cinque giorni dopo che Dame Niang, 37 anni operaio senegalese dipendente della Val.Cop è «caduto» da un’altezza di quindici metri, mentre lavorava su un capannone di Trebaseleghe nel Padovano. Quel «caduto» tra virgolette significa che nessuno dei suoi colleghi lo ha visto cadere e che per «cadere» Dame Niang avrebbe dovuto prendere la rincorsa e scavalcare un parapetto.

Una morte sospetta che sembra la fotocopia della morte sospetta dell'amico di Gianluca Rossi, avvenuta sette anni fa alla Val.Cop. E siamo a tre. Tre morti che ruotano attorno a un'azienda e al cadavere di una donna da cui si parte per ripercorrere a ritroso il passato. Sia Dame Niang sia Gianluca Rossi era stati interrogati, più volte anche nelle ore immediatamente precedenti alla loro strana morte, dagli investigatori di Bergamo. Erano andati agli interrogatori sereni. Quella serenità che adesso fa scattare la rabbia al bar Living di Pradalunga fra gli amici di Gianluca che ricordano come «prima di recarsi dai carabinieri fosse tranquillo mentre al ritorno era apparso incupito con quello strano sacchetto da cui spuntava una corda».
Cosa nasconde la morte di Maria Grazia Pezzoli? Cosa ci può essere dietro la Val.Cop? Un profondo rosso di 150mila euro come qualcuno in paese insinua? Un altro buon movente, quello del creditore ignorato. Tra mille moventi che vanno dall'amante respinto al dipendente licenziato e assetato di vendetta, allo spietato mandante che resta nell'ombra perché nel buio ha sempre lavorato.

Tace il ciabattino di via Gusmini, in centro paese. Parlano solo loro, le anziane donne ospiti della Case delle Angeline, che Maria Grazia la conoscevano bene: «Una disgrazia, quella che le è capitata. Lei che faceva solo del bene a tutti».

Chiama a raccolta con lo scampanìo dei Vespri, nella chiesetta di Lourdes, il parroco don Enzo Locatelli. Che non si lascia sfuggire l'occasione per rimbrottare giornalisti e curiosi.

«In questo momento bisognerebbe evitare di parlare di cose che non si conoscono e lasciar lavorare i carabinieri. Non c'è odio nella nostra comunità mo solo il forte desiderio che l'autore di questo delitto si faccia avanti». Qualcosa di più o di meno di una pia illusione. Perché il giallo è davvero un giallo d'autore.

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