Li hanno fermati su un traghetto appena partito da Genova e diretto in Marocco, ma era da un po che li stavano tenendo docchio. Da quando Yara è scomparsa, il ventisei novembre scorso, ingoiata da un pomeriggio buio, intorno alle sei e mezza di una giornata che sembrava qualsiasi. I carabinieri sono saliti a bordo dellimbarcazione, il «Berkane», della compagnia marocchina di navigazione «Comanav», rientrata in porto, e li hanno portati in caserma: un tunisino e un italiano, abiterebbero nel Bergamasco, di sicuro sanno qualcosa, se non tutto, di Yara. Loperazione congiunta dei carabinieri e della Guardia costiera che ha portato al fermo è stata particolarmente complessa. Ed è anche per questo che i sospetti sui due uomini si moltiplicano. Intorno alle 17 un ufficiale dei carabinieri impegnato nelle indagini sulla scomparsa della ragazza, ha contattato la direzione marittima di Genova chiedendo di fermare la partenza del traghetto che da Sanremo era in procinto di salpare per Tangeri, in Marocco. In quel momento, però limbarcazione era già partita da Sanremo e si trovava a 17 miglia dalla costa, in acque territoriali internazionali, dove non era più possibile alcun intervento.
A quel punto, il direttore marittimo della Liguria ha personalmente contattato il comandante del traghetto, spiegandogli la situazione. E devono essere state parole come pietre se questultimo ha subito invertito la rotta ed è rientrato in acque italiane, dove la nave è stata raggiunta da unimbarcazione dalla Guardia costiera a bordo della quale cerano anche i carabinieri. I militari sono saliti sulla nave, hanno avvicinato i sospetti e li hanno fatti salire a bordo dellimbarcazione militare, rientrata in tutta fretta a Sanremo e da qui a Bergamo. Sul nordafricano in particolare graverebbero indizi pesanti. Non si esclude, anche se non ci sono assolutamente conferme, che possa essere uno dei tanti operai impegnati nei cantieri della zona. Forse proprio in quello del centro commerciale in costruzione alla periferia tra Brembate Sopra e Mapello, dove si sono concentrate per giorni le ricerche per Yara.
Potrebbe essere la svolta. Fino a ieri si battevano tutte le piste, dallo squilibrato incontrato per caso, alla banda organizzata nel molestare le ragazzine, anche se nelle ultime ore gli inquirenti avevano stretto sempre più le indagini attorno al mondo di Yara, quello di cui si fidava, la palestra, la strada verso casa, i conoscenti. «Dalla polisportiva può essere stata portata via solo da qualcuno di cui si è fidata, oppure che ha incontrato subito fuori», dice un investigatore impegnato da giorni nella ricerca della tredicenne. Di certo non è stata una fuga volontaria, mentre non si esclude il rapimento da parte di uno o più sconosciuti. Ma dove? Non certo nella Cittadella dello Sport, dove allora in cui la ragazza è sparita lattività è al massimo e vanno e vengono decine di persone. Difficile immaginare che qualcuno labbia presa con la forza passando inosservato. Potrebbe essere stata intercettata nei 670 passi che dividono il palazzetto dallo sport da casa, la villa di via Rampinelli. Ma per caricare con violenza Yara su una vettura o su un furgone ci sarebbero volute almeno tre persone: lautista e due che la immobilizzavano, le tenevano la bocca chiusa per non farla urlare e la spingevano in auto.
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