Gino l’operaio, il leader perfetto per un’opposizione senza idee

Scarsini d’idee, non c’è che dire. Ma ricchi di fantasia. Potrebbero puntare sul classico, con la più impeccabile delle inserzioni pubblicitarie a pagamento. Così anche il Giornale la pubblicherebbe volentieri: «Cercasi leader, disperatamente». In alternativa potrebbero buttarsi su Facebook, nella rete. Quella internettiana, intendiamoci. Perché si sono già troppo infagottati e ingarbugliati da soli con le loro paranoie e non hanno bisogno di altri balzelli per incespicare. Invece, cavalcando il ronzino del gossip e suonando la grancassa del pissi-pissi bao-bao ecco che ogni giorno, qualche volta addirittura più volte al giorno, questa sinistra dalla fantasia sbrigliata e dalle scarse idee promuove un leader. Scopre uno sconosciuto o uno fin troppo conosciuto e lo innalza agli onori della Grande Conduzione. Del Grande Disegno. Che anche se non c’è, non c’è mai stato e non ci sarà mai, dovrebbe permettere, secondo questi arditi piani, di scalzare Silvio Berlusconi dal governo di questo Paese. Ma non era, non doveva essere il mitico Dario il vero, unico e indiscusso leader della Grande Rimonta? Macché, da quando Dario si è infilato nel cul de sac (absit iniuria verbis) del suo nuovo ruolo di esperto di costume e di costumi portando in soffitta il Capitale (quello di Marx) e scoprendo i suoi nuovi punti di orientamento in Novella 2000 et similia, le cose stanno cambiando. Decisamente cambiando. Si cerca di recuperare volti antichi e un po’ consunti, ma se nel frattempo ne arrivano di nuovi e di nuovissimi, magari di imberbi, meglio ancora.
E così gli strateghi di una strategia che non c’è fanno a gara come fossero, loro sì, davanti a un book dal quale pescare il loro leader-velina. Passando con nonchalance dal sacro al profano.
Ricordate? Ci fu un tempo in cui puntarono su Nanni Moretti e uno in cui giocarono tutte le carte su Beppe Grillo. Poi, nella vana speranza di speculare su un divorzio illustre quanto pubblico, venne anche il tempo in cui Veronica Lario, consorte del premier, sarebbe potuta andar bene, benissimo, come leader. Come nuova Giovanna d’Arco per trascinare un manipolo di indomiti guerrieri. Sfumata anche questa allettante possibilità ecco che arriva la telenovela Noemi. Fatta di «dico non dico» perché «la politica non si fa con il gossip sui fatti personali» e poi deragliata nel «ma sì, lo dico che magari succede qualcosa e Berlusconi traballa». Così, scandagliate nei minimi dettagli le faccende private del presidente del Consiglio, guardando dal buco della serratura, si arriva a Gino Flaminio, l'operaio, l'ex fidanzato di Noemi Letizia, la ragazza tirata dentro a viva forza in una storia più grande di lei. Non vorremmo mica far diventare Gino l'ex fidanzatino di Noemi il nuovo leader, il volto pulito sui cui la sinistra può partire all’arrembaggio della corazzata Pdl? Il tira e molla va avanti per giorni. Non si può, dicono e ripetono i più ortodossi, quelli che il Capitale, magari, lo sfogliano ancora. Poi, all'improvviso il solito chissenefrega, si va al tutto per tutto, allo svacco. E Gino l'operaio diventa il nuovo leader in pectore di questo sorprendente Pd. «Adesso per favore non dite che Gino Flaminio è il nuovo leader del Pd, non lo dite, non dite questa scemenza, per carità un po’ di serietà, non ditela, l’hanno detta... », chiosa mestamente Robin nel sito di Europa, giornale sul cui orientamento politico non ci sono dubbi. Ebbene sì, sullo slancio di un assist mediatico offerto con l'inchiesta e l'intervista di Repubblica, l'hanno detta e l'hanno fatto. E pazienza se sul giovane virgulto dell’orgoglio partenopeo in serata si addensano nubi. Le evoca il direttore di «Panorama» Maurizio Belpietro, che in diretta tv a «Ballarò» rivela che nel casellario giudiziario di Napoli comparirebbe un tale Gino Flaminio, figlio degli stessi genitori dell’ex fidanzato di Noemi, condannato a due anni e sei mesi per rapina impropria. Mah, tra tante domande, forse Repubblica poteva rivolgerne una a lui in merito?
Con le nubi o a ciel sereno, nella Casa del Grande Fratello di Sinistra Gino Flaminio, l'operaio, è stato nominato. Perché è il classico bravo ragazzo, d’umile famiglia, che lavora otto ore al giorno in una fabbrica napoletana per mille euro al mese. E, leggiamo su Europa, «come tutti quelli della sua età ha tanti sogni e soprattutto un amore concreto, con una bella ragazza di Portici che va ancora a scuola ma che spera un giorno di sfondare nel mondo dello spettacolo. Una coppia come tante altre, felice, come testimoniato da una lettera di Noemi conservata gelosamente da Gino. Poi all’improvviso il colpo di scena: irrompe niente meno che il presidente del Consiglio in persona nella vita della ragazza. Da quel momento tutto cambia. Lo star system, i sogni di gloria e di fama, i primi provini per la tv, i viaggi a Roma, gli incontri con “papi” Silvio, il capodanno a Villa Certosa.

La bella Noemi cambia di colpo, si allontana sempre più dal povero operaio fino a lasciarlo... ». Colpa di Berlusconi, naturalmente. Fantastico. I poveri contro i ricchi. Ancora una volta. E così la lotta di classe e di governo, almeno per oggi e domani, può venir guidata da Gino.

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