Giorgio Torelli l'inviato che fu assunto al "Giornale" da Montanelli via telegramma

Indro Montanelli chiamò Giorgio Torelli al nascente Giornale perché lo stimava, ma anche un po' per gelosia.

Indro Montanelli chiamò Giorgio Torelli al nascente Giornale nuovo (il «nuovo» serviva allora, e fino all'83, per non confonderlo con un omonimo quotidiano di Varese) perché lo stimava, ma anche un po' per gelosia.

Andò così. Indro, ancora al Corriere della Sera ma già mentalmente con la valigia pronta per il trasloco di poche centinaia di metri in linea d'aria, da via Solferino a piazza Cavour, aveva scritto nel marzo 1972 la famosa «Lettera a Camilla», ovvero Camilla Cederna, in cui accusava la collega, pur con toni eleganti e addirittura galanti, di essersi «innamorata dei bombaroli». Così Torelli, inviato per Epoca, decise di andare a sfruculiare per benino la Camilla vis-à-vis. Ne uscì un pezzo brillantissimo. Talmente brillante da meritare il seguente telegramma di Indro a Giorgio: «Il tuo pezzo su Epoca era meglio del mio sul Corriere». Stop. Assunto con un telegramma postdatato, roba d'altri tempi... «A Epoca stavo bene ma per me Montanelli era il giornalismo, era il mio idolo da sempre, insomma, era come essere chiamato da Garibaldi per la spedizione dei Mille», ricordava Giorgio, morto tre giorni fa a Milano a 95 anni.

L'avventura di Giorgio al Giornale, durò quattordici anni, i più intensi, i più difficili, e anche i più pericolosi, per questa testata. E quello dell'88 non fu un divorzio, nemmeno una separazione consensuale, ma un arrivederci a domani mattina, in edicola, come sempre.

Accadde che Indro, laico e agnostico e fors'anche un poco stizzito con Dio («la fede è un dono, e allora perché a me no?», confessò un giorno proprio a Giorgio), sulla sua laicissima creatura volle una rubrica di carattere religioso, addirittura un commento domenicale al Vangelo. Adesso lo possiamo dire, il titolo non suonava bene, vista l'omonimia: «Cosa nostra», ma è pur vero che a pensar bene non si fa peccato... La affidò a Giorgio (De Agostini ne trasse poi un libro più volte ristampato, La pazienza di Dio). «La rubrica - disse il diretto interessato - ebbe molto successo: tremila lettere ricevute nei tre anni di durata della pagina». Montanelli s'ingelosì un'altra volta? No, quella non era materia sua. «Le conservo ancora in un bauletto, quelle lettere, per rispetto ai lettori. Indro ne era contento. Diceva solo: Io non sono della partita, sei tu che devi tenere il polso di chi ti legge». Ma...

«il successo produce critiche. Cominciarono, dentro il Giornale, obiezioni del tipo noi siamo un quotidiano laico e la pagina di Giorgio, pur portandoci lettori, ci storna dalla linea».

La linea di Giorgio è finita in cielo.

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