Una giornata Speciale pensando al gran rifiuto della Corte dei conti

Il generale cacciato dalla guida della Guardia di finanza per il caso Visco, ai Fori imperiali: "Rimango a testa alta e con la schiena dritta"

Una giornata Speciale pensando al gran rifiuto della Corte dei conti

«La cosa che più mi ferisce è che non potrò presenziare da comandante alla festa del Corpo della Guardia di finanza del 21 giugno. Festa che io avevo preparato e altri godranno. La rimozione, perché di questo si tratta, è infatti immediata. Forzata e immediata. È un’offesa inaccettabile per chi ha detto con coraggio solo e sempre la verità». Con questo umore, parole confidate agli amici che lo chiamano per solidarietà, il comandante generale Roberto Speciale lascia la festa del 2 giugno. Applaudito. Sostenuto. Poi nel pomeriggio filtra l’ultimo «no» della sua carriera. Saputo che dovrà lasciare già in settimana, in pratica «da subito» il comando, Speciale respinge l’offerta della Corte dei conti. Nessun «contentino». No quindi all’offerta formalizzata dal mediatore Tommaso Padoa-Schioppa e che non aveva trovato risposta dal numero uno delle Fiamme gialle. La Corte dei conti? «Anche questa è una porcheria - avrebbe detto a un senatore dei Ds che l’ha chiamato per esprimergli sostegno - che non posso accettare. Rimarrò come sempre a testa alta e schiena dritta. Ho sbagliato a dire la verità? Mi processino allora».
La scelta non è stata ancora formalizzata ma si profila come inevitabile epilogo. Difficile far capire a certi politici le reazioni di un militare di rango. Oppure, magari, le prevedono fin troppo bene. Di certo, dopo tutto quello che è accaduto dal luglio 2006, mandare a casa Speciale subito, già agli inizi di settimana prossima, senza «l’onore delle armi», ovvero la rassegna della festa del Corpo, viene inevitabilmente vissuto come l’ennesimo affronto. Affronto che fa precipitare la situazione.
Anche perché Speciale sente dalla sua la ragione. Nei fatti. Avendo denunciato all’autorità giudiziaria pressioni e ingerenze del viceministro Vincenzo Visco, messe nero su bianco il 17 luglio 2006 alla Procura generale di Milano. Ingerenze ricostruite nelle lettere che alcuni suoi strettissimi collaboratori gli scrissero poco dopo gli incontri con Visco del 14 luglio. Ma la ragione vive e rafforza anche e soprattutto nelle reazioni compatte della «sua» gente. Delle Fiamme gialle che raccolgono firme a suo sostegno. Dei gruppi di cittadini che ieri alla festa l’hanno applaudito con forza. È partita persino un’inconsueta ola al suo passaggio. Con i politici a sostegno trasversale. Tutta la Cdl sì, ma diverse e autorevoli voci anche della maggioranza. Solo uno ha vistosamente cambiato strada. Con evidente imbarazzo ha dribblato l’incontro. Ovvero, Romano Prodi. Ma Speciale tira diritto. Così dopo la festa è tornato in ufficio, al piano nobile del comando generale. «Ho ancora mansioni da svolgere fino a quando non mi comunicano la “rimozione forzata”, no?». Poi a casa, la famiglia. Un’occhiata alle agenzie con grande attenzione al Quirinale, alle parole scelte da Giorgio Napolitano. Anche se la presenza del consigliere Rolando Mosca Moschini, militare in asse con Visco già nel precedente governo di sinistra, in passato anche lui comandante generale del Corpo, giocherà un peso specifico in questa vicenda.
Speciale conosce le dinamiche istituzionali. Sapeva benissimo, e da tempo, che il rapporto con questo governo sarebbe stato sempre più difficile. Impossibile o quasi con l’attuale vice ministro vista la catena di incidenti che ha segnato il percorso. Per ricordarne qualcuno, l’intervento di Mosca Moschini durante l’onoranza funebre di fine febbraio dell’ex capo di Stato maggiore e galantuomo Giovanni Mariella a Napoli, oppure l’intervento proprio di Visco al cambio della guardia tra Italo Pappa e Sergio Favaro come comandante in Seconda; ancora il gelo con il vice ministro all’inaugurazione dell’anno accademico a Bergamo. Ed ecco che la pubblicazione del verbale con la denuncia di ingerenze e minacce ha fatto sì precipitare la situazione, anche se ora la doppia mossa del governo disinnesca l’incognita del Senato ma non arresta il fronte giudiziario. Con Speciale, ovvero un magari sgradito ma pur sempre comandante generale, pronto a circostanziare ogni parola messa a verbale. Con atti e testimoni. Anche Visco, da parte sua, ha fatto altrettanto.

Pronto un dossier con l’aiuto di ufficiali che al comando generale nella «transizione» hanno preso posizione ancora non palese a sostegno dell’autorità politica. La stessa che voleva rimuovere quattro ufficiali e che ha mandato a casa il numero uno.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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