Un giorno nero per i finiani

È stato un giorno nero per i finiani, stretti tra le notizie che rimbalzano da Santa Lucia sull'af­fare Montecarlo e la prima sconfitta parlamenta­re sul caso Cosentino. A tenere banco è stato soprattutto il primo argomento. La reazione degli uomini Fli, confusa e scomposta, non è andata oltre i soliti slogan: killeraggio, dossieraggio, fal­sità. Parole rivolte erroneamente in esclusiva contro i giornali d'area berlusconiana, visto che anche il Corriere della Sera, quotidiano non cer­to filo-Cavaliere, ieri mattina aveva in evidenza sulla prima pagina la lettera riservata nella qua­le il ministro della Giustizia di Santa Lucia (para­diso fiscale caraibico) sostiene di avere accerta­to che dietro le società offshore proprietarie dell' appartamento di Montecarlo c'è il cognato di Fi­ni, Gianmarco Tulliani. Secondo i legali della fa­miglia Tulliani si tratterebbe di un falso. Ma da Santa Lucia non è arrivata nessuna smentita, no­n­ostante il documento sia da tre giorni a disposi­zione di chiunque (immaginiamo anche del mi­nistro in questione) sui siti internet di due gior­nali di Santo Domingo e da 24 ore sui mezzi di informazione italiani. In ogni caso, le smentite dei Tulliani dovrebbero essere rivolte al mini­stro stesso e ai giornali caraibici che hanno diffu­so la notizia. Noi, così come il Corriere e Libero, ci siamo limitati a riprenderla. Tanto nervosismo probabilmente è accentua­to anche da altri due fatti non smentibili: le di­missioni da amministratore dei beni ex An del senatore Pontone, braccio destro di Fini che cu­rò (su suo ordine) la vendita dell'appartamento, e una perquisizione della Guardia di finanza nel­la storica sede romana di via Della Scrofa. Fatti, dicevamo, non dossier o fantasie alimentate da chissà chi. Se neppure di fronte a tanto Fini, o chi per lui, si limita a smentire e non si decide una volta per tutte a spiegare come sono andate le cose, un motivo probabilmente ci sarà. E visto che siamo in tema, aggiungiamo un'altra do­manda: come mai la casa fu venduta a solo 300mila euro se ben otto anni fa Fini stesso la fece periziare da un uomo fidato e di partito (leggi l'in­tervista) che stimò il suo valore supe­riore al milione di euro? A questo punto non speriamo più che a fare chiarezza definitiva siano i protagonisti (Fini-Tulliani) della vicenda. Una prova? I finiani han­no reagito rompendo le trattative sui temi della giustizia col Pdl.

Come dire: a noi interessa di più difendere il cognato e nascondere le verità che aiutare il Paese. Ma forse è meglio così. Una sana rottura, in questo caso, è meglio di una ipo­crita collaborazione che non avrebbe portato da nessuna parte.

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