Giovanna d’Arco brucia tra pop, cori e kung fu

Le musiche di Bruzzese non rendono giustizia al musical sulla «pulzella»

Giovanni Antonucci

Giovanna d’Arco è un personaggio che ha sempre suscitato straordinario interesse nel teatro e nel cinema. Come non ricordare il capolavoro di George Bernard Shaw e il finissimo testo di Jean Anouilh e sullo schermo il cult muto di Dreyer e l’emozionante opera di Bresson? Non sono mancati, però, i flop clamorosi, da quello di Otto Preminger a quello recente di Luc Besson, film giocato tutto sulle battaglie e sugli effetti speciali piuttosto che sulla splendida figura di donna di Giovanna d’Arco. Antonello Bruzzese, autore delle musiche e dei testi di Storie dell’Inquisizione. Giovanna d’Arco, in prima nazionale al Teatro Olimpico di Roma, non sembra aver tenuto conto di Shaw e di Anouilh né della visione dei film di Dreyer e di Bresson e neppure di un saggio fondamentale come quello di Regine Pérnoud e Marie-Veronique Clin, pubblicato anche in edizione italiana. La sua Giovanna d’Arco sarebbe non solo una vittima dell’Inquisizione, ma anche «emblema delle donne del Rinascimento che cercarono di partecipare alla civiltà rinascimentale» e «figura folle e mistica, santa e femminista, eroina rivoluzionaria e vittima della ragion di stato». Un’interpretazione assai audace del personaggio, che fa di Giovanna addirittura una donna del Rinascimento mentre morì nel 1431, vittima, più che dell’Inquisizione, della guerra dei Cent’anni fra francesi e inglesi.
D’altra parte, Giovanna, la pastorella d’Orléans, non fu né una folle né una femminista, né tanto meno un’eroina rivoluzionaria. Fu prima di tutto una donna profondamente religiosa e una patriota, convinta che la Francia doveva liberarsi dal giogo inglese. L’ingiustizia di cui fu vittima, l’oggetto di questo musical, ebbe cause profonde e assai più complesse di quanto appaia dal testo di Bruzzese. D’altra parte le musiche, un mix di pop, rock, sinfonismo e cori gregoriani, riescono solo episodicamente a darci le atmosfere di un’epoca di grande violenza, ma anche di eroismi e di passioni. Mancano motivi originali e soprattutto orecchiabili, come è tipico della grande tradizione del musical, non solo italiano. Franco Miseria, regista dello spettacolo e coreografo di tanti show di una Rai che non c’è più, ha tentato di fondere la danza classica con il Kung Fu, trovando solo qua e là qualche invenzione felice.

Silvia Specchio, esperta interprete di musical, bella, inguainata, come altri personaggi, in un attillato costume nero, si impegna vocalmente nel suo arduo ruolo, ma le musiche e il testo non l’aiutano a darci del tutto la personalità, il fascino e la passione di Giovanna. Nel cast emerge Piermaria Cecchini,che interpreta il personaggio dell’ Inquisitore con forza drammatica e insieme con sottigliezza nel rivendicare le sue ragioni. Di buon livello il corpo di ballo.

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