Giro, sullo Zoncolan il capolavoro di Basso

Il varesino esce dal purgatorio su una salita da inferno e conquista una tappa da leggenda Dopo la lunga squalifica torna a candidarsi per la vittoria finale. Solo Evans tenta di resistergli

Giro, sullo Zoncolan 
il capolavoro di Basso

nostro inviato al Monte Zoncolan

Caro diario, il purgatorio è finito, Ivan Basso è tornato. Torna il campione che aveva illuso e deluso, l'ultimo della lunga serie. Torna il campione dal volto di bravo ragazzo, tutto bici e famiglia, per questo ancora più bruciante il suo tradimento. L'ultima volta era maggio 2006: all'Aprica si presentò solo sul traguardo, in maglia rosa, mostrando al mondo la foto del suo piccolo Santiago. I calcoli sono presto fatti, per chi volesse avere un'idea compiuta del purgatorio: peccato e menzogna, quindi confessione e pentimento, alla fine la giusta pena. In tutto quattro anni esatti. Parentesi: mai trovato uno sportivo che abbia espiato con tanta dignità, senza sterili e barbosi vittimismi, la propria condanna. Campione anche nella polvere.
Caro diario, l'uscita del purgatorio porta direttamente quassù, molto in alto, dopo una scalata da vertigine. Attorno c'è il vero eden del campione ciclista: un Santiago Bernabeu di gente acclamante, trombe assordanti e musiche celesti. Basso ci arriva baciato dal sole, con il sorriso dei giusti, con la coscienza a posto, con le carte in regola dopo il pesante candeggio.

Sul traguardo lo accoglie un boato come al gol di Milito, il boato inconfondibile e tremendo che saluta i momenti magici delle imprese d'autore. Dopo dieci chilometri di tormenti indicibili, lo Zoncolan si dimostra come sempre un giudice infallibile (a proposito: il Tour, con le sue montagnette, appare così patetico...). Basso supera tutte le prove. L'ultima, un grande avversario, l'avversario che nobilita il suo trionfo, il suo ritorno e l'intero Giro d'Italia: Cadel Evans, il campione del mondo, non un fattorino qualunque. Eliminati ad uno ad uno tutti gli altri (bravissimi Scarponi e Cunego, bravino Vinokourov), per un lungo tratto i due combattono testa a testa, a mani nude, poi Basso decide che il purgatorio deve davvero finire, proprio oggi, proprio qui. Un allungo, due allunghi, tre allunghi: alla fine, il campione del mondo simbolicamente s'inchina.

Quel che succede dopo è spettacolo toccante e impareggiabile: è anche il bis dell'impresa di Nibali ad Asolo, è anche il poker degli italiani dopo dieci tappe di batoste, è un nuovo stravolgimento della classifica generale, ma soprattutto è il riscatto assoluto e definitivo, con un capolavoro di ritmo e di forza. Dopo il Giro ridicolo del 2009, con la montagna più ripida nelle Marche, è finalmente un Giro vero, griffato, campionato mondiale della fatica estrema, con le salite vere sotto le ruote dei campioni veri. Non è un caso che Basso ritorni proprio in un giorno così, in un Giro così. Ivan entra nel Maracanà d'alta quota sbucando da un tunnel, di pietra e anche di vita. Ormai è già sera, più o meno sono le sei: ma la luce, l'atmosfera, i sentimenti, tutto quanto ha il sapore inconfondibile di una nuova aurora.

Caro diario, da due giorni ci scappa un po' la mano con la poesia. Ma non è neppure il caso di provare vergogne: da tanto tempo il Giro d'Italia non offriva giornate così, con imprese straordinarie su salite straordinarie, firmate da campioni straordinari (come dimenticare: nel 2009 ci hanno sollazzato con il gioco degli abbuoni tra Menchov e Di Luca, sai la libidine). Lo dico senza finti pudori e senza falsi imbarazzi: tutti, qui, avvertono il piacere dimenticato di raccontare storie vere di trionfi veri. Basso è lo spot più bello e più efficace per il suo sport, perché dimostra davvero, con evidenza scientifica, che si può dominare senza barare. Adesso è molto giusto e umano che rifiuti la parte del testimonial, fino a schermirsi con queste parole piane: «Non mi va di fare il paladino, mi basta avere messo tutto in rete, quello che faccio e quello che sono, senza privacy e senza segreti: chi vuole può controllare».

Ma gli esempi valgono più delle parole. E lui può esserlo, da qui in avanti, a 32 anni, nascendo una seconda volta.

Caro diario, non so se poi riuscirà a vincere anche questo Giro: i due che ha davanti, sinceramente, hanno tutta l'aria degli occupanti abusivi. Ma subito dietro c'è gente insidiosa. Comunque, non ha poi così importanza saperlo ora. Il purgatorio è finito, il paradiso può attendere.

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