Gladiatrici o principesse L’eleganza sa di barbaro

Riccardo Tisci immagina per Givenchy una donna forte e aggressiva, mentre Celine punta sulla dolcezza. E persino i corsetti diventano morbidi

Gladiatrici o principesse 
L’eleganza sa di barbaro

Parigi - Nell’arena delle sfilate parigine la gladiatrice di Givenchy vince e convince per l’assoluta modernità con cui Riccardo Tisci, giovane e talentuoso direttore creativo della storica maison, trasforma i pois in anelli, buchi o giganteschi elementi grafici. Interessante anche il lavoro della trentaquattrenne stilista croata Ivana Omazic che per la collezione Celine dell’estate prossima si è ispirata ai corsetti steccati e alle crinoline del XIX secolo riuscendo però a togliere tanto l’enfasi quanto la rigidità di questi antichi strumenti della seduzione al femminile.

Formidabile, infine, la sfilata di Giambattista Valli, delfino del grande Emmanuel Ungaro da cui ha imparato molti segreti sartoriali per poi costruire un glamour che profuma di nuovo, mai lezioso e tanto meno ridondante. Anche Hussein Chalayan ha proposto una serie di capi interessanti: dalla blusa bianca con gli orli a fazzoletto sui piccoli short coloniali all’abitino candido bordato in nero dai panneggi trattenuti sul fianco grazie a un ingegnoso sistema d’intrecci. Ma l’idea di presentare tutto ciò con un cortometraggio girato a Londra insieme con Nick Night (fotografo e video-artista tra i più quotati del fashion system) è sembrata inutilmente cervellotica. Inoltre per spiegare la collezione lo stilista turco-cipriota ha scritto un testo da manicomio: «È il culto della divinità e il flusso che si crea tra l’oggetto venerato e il devoto, tra la celebrity e i suoi fan».

Inevitabile a questo punto chiedersi perché questi benedetti giovani che hanno davvero qualcosa da dire sulla moda non sanno comunicare con semplicità. Tisci, ad esempio, si lancia in voli pindarici parlando di maschile e femminile, gladiatori e coloniale, aggiungendo poi che per il lavoro sul pois è partito da una collezione creata nel ’58 da Hubert de Givenchy e intitolata Le grand circle. Per fortuna il messaggio di passerella era come si suol dire «a prova di scemo» con meravigliosi modelli tipo l’abito a pois ton sur ton assortiti all’incredibile giacca costruita da enormi anelli passavela ricoperti in pelle nera e agli stivali fatti come i coturni di Spartaco tra i leoni del Colosseo. In più c’erano le sahariane kaki decorate da grandi bolli neri con un assemblaggio di pieghe piatte e asimmetrie che cambiava radicalmente la linea. Valli, invece, spiega che la sua icona di riferimento stavolta è Veruschka, l’indimenticabile top model degli anni Sessanta figlia di un alto ufficiale della Wehrmacht ucciso nella «Notte dei lunghi coltelli». Poi parla degli scavi di Petra e dell’arte di Dan Flavin, ma tutto ciò non basta a comunicare quel che si è visto in passerella: perfette linee a uovo oppure a trapezio per i modelli da giorno, straordinari intarsi di nero e oro sul color sabbia, un indimenticabile abito da sera giallo lime decorato da una collana-plastron in turchese e la sorprendente tuta-kaftano. Con modestia e semplicità la Omazic dice di aver preso dallo sportwear i tagli anatomici dei suoi capi in cui le stecche da corsetto sono solo cuciture che accarezzano il corpo.

L’idea di fondo è una morbidezza controllata molto bene soprattutto nel miniabito rosso con un plastron steccato a forma di circuito elettronico che ferma il liquido tessuto all’altezza del seno. Insomma una moda da donna a donna. La stessa ricerca di dolcezza si ritrova nella quarta collezione di Jasmine di Milo, la bellissima figlia del miliardario Mohamed Al Fayed.

I suoi abiti da cocktail presentati ieri al Ritz parlavano da soli: li comprano personaggi come Prince, Christen Dunst ed Eva Longoria. E ieri sera, all’Hotel Bel Ami, ha debuttato «Francesca V», la prima collezione disegnata da Francesca Versace, figlia di Santo e nipote di Gianni e Donatella.

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