Gnutti contro Consorte «Mi presentava il conto e voleva guadagnare»

L’ex presidente Hopa ha detto ai magistrati di aver ricevuto pressioni dal manager

Gnutti contro Consorte «Mi presentava il conto e voleva guadagnare»

Stefano Zurlo

da Milano

Dovrebbe essere il giorno della riscossa per Giovanni Consorte. Ma la controffensiva dell’ex numero uno di Unipol, scandita dalle 28 pagine e dagli allegati della memoria depositata in Procura, viene rallentata se non fermata dal verbale del finanziere Chicco Gnutti, diffuso in serata dal Tg5. «Giovanni Consorte - afferma Gnutti nell’interrogatorio del 24 dicembre - mi presentava il conto chiedendo di poter far parte di operazioni con le quali poter guadagnare a latere».
Come interpretare queste parole, ora rilanciate dal Tg di punta delle reti Mediaset? Consorte e Gnutti sono sulla stessa barca: indagati per associazione a delinquere dalla Procura di Milano; in particolare Consorte e il suo vice storico Ivano Sacchetti sono nel mirino per le superconsulenze da 50 milioni di euro pagate dal munifico Gnutti.
Proprio quelle prestazioni, relative all’operazione Telecom, vengono ricostruite dettagliatamente da Consorte nel nuovo memoriale, portato ai Pm dagli avvocati Filippo Sgubbi e Giovanni Maria Dedola. Per i legali quelle pagine dovrebbero fugare ogni sospetto, ma intanto Gnutti, in quella drammatica deposizione avvenuta alla vigilia di Natale, semina nuovi dubbi sui due boss di Unipol: «Io preferivo averli amici che nemici», anche in vista di una serie di aumenti di capitale «delle mie società».
Dunque il finanziere bresciano temeva la coppia d’assalto di Unipol e nel faccia a faccia con i Pm prova a lasciare nelle mani dei due supermanager il cerino dell’inchiesta. Quei 50 milioni di euro «sono passati dalle casse della Hopa in quelle di Consorte e Sacchetti» anche perché «Consorte e Sacchetti chiedevano solo di poterci guadagnare un po’».
Gnutti prova dunque a smarcarsi dalla coppia di vertice dell’Unipol. Cosorte racconta invece tutta un’altra storia. In più fasi. «Io e Sacchetti - spiega l’ex amministratore delegato di Unipol - abbiamo svolto un ruolo di supporto gestionale a Hopa nell’iter dell’operazione Olivetti-Telecom. Inoltre, abbiamo contribuito a far sì che Gnutti percepisse, quale stock option per il ruolo svolto nell’operazione Telecom, la somma di 50 miliardi di lire. Per questi motivi - prosegue Consorte - Gnutti si è sentito di riconoscere a noi due, in parte come ristorno del premio da lui ricevuto, un importo complessivo di circa 5 milioni di euro ciascuno». Soldi poi rimpatriati, come dice Consorte, nel 2002 «mediante la procedura dello scudo fiscale».
Ma l’impegno non finisce qua: c’è una seconda fase che si chiude con un premio di 7,9 milioni di euro a testa per Consorte e il suo vice; poi c’è una terza finestra temporale, nel 2003: questa volta «le somme riconosciute al sottoscritto per le attività svolte ammontano a 11,48 milioni di euro».
Cifre, tabelle, specchietti concorrono a rinforzare la versione di Consorte che rivendica sì il proprio contributo professionale alla causa di Gnutti e della sua Hopa, ma sottolinea anche con orgoglio di avere lavorato per il bene dell’Unipol: «I risultati più eclatanti sono stati colti proprio da Unipol che si è giovata» dell’operazione Olivetti-Telecom «ben al di là delle quote societarie detenute in Hopa e in Bell». E ha realizzato «in modo diretto un utile netto pari a 93 miliardi di lire», mentre Hopa ha ottenuto «un utile superiore ai 1.700 miliardi di lire». In definitiva - è l’autodifesa - le somme incassate «finiscono per rappresentare una percentuale minima rispetto alla transazioni sottostanti». Come l’aumento di capitale Olimpia o quello di Hopa.
Insomma, per Consorte non ci sono misteri o zone d’ombra: lui e Sacchetti hanno svolto «per tre anni un ampio e articolato supporto delle attività del gruppo Hopa e del suo presidente e amministratore delegato dottor Gnutti».
Ora, la parola passa alla Procura. I Pm sono in partenza per il Principato di Monaco: vogliono verificare i conti su cui sono rimasti parcheggiati gli 11 milioni circa di euro poi rientrati con lo scudo fiscale. Contemporaneamente altre rogatorie e controlli a tappeto in Italia e all’estero provano a illuminare tutta la complessa rete dei depositi nella disponibilità della coppia Consorte-Sacchetti.
È un momento decisivo per il destino dell’uomo che ha regnato come un monarca assoluto sul gruppo assicurativo bolognese.

In serata, le agenzie di stampa riportano voci che si rincorrono negli ambienti giudiziari: la Procura giudica parziale se non insufficiente la memoria varata come una scialuppa di salvataggio da Sgubbi e Dedola. Ma i Pm non confermano le indiscrezioni. Saranno i prossimi giorni a offrire una risposta.

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