Gorillaz, la band di cartoon per la prima volta in concerto

Paolo Giordano

nostro inviato a Manchester

Allora ecco come si fa a far parlare di sé: basta non farsi vedere. Basta nascondersi dietro a qualche buona canzone, meglio se hip hop perché è più chic e poi inventarsi un marchio di fabbrica: siamo la prima cartoon band del mondo, il primo gruppo pop a cartoni animati, l’unico che sa suonare ma non l’ha mai fatto dal vivo. Persino agli Mtv Europe Music Awards di domani a Lisbona (ai quali partecipano con il record di nomination: cinque) loro si mostreranno solo come ologrammi.
Dunque i Gorillaz non li ha mai visti nessuno e loro si sono fatti reclame mandando in giro solo video animati. Fino a ieri sera. E bastava attraversare la coda - ovviamente disciplinatissima: siamo inglesi o no? - davanti all’Opera House di Manchester per capire che, in fondo, la prima apparizione davvero pubblica dei Gorillaz è stata un evento (e d’altronde per questi cinque concerti i biglietti sono andati esauriti in pochissime ore). Una roba da sociologi, più che da critici musicali.
Ecco, se proprio li si vuole battezzare con un altro slogan, i Gorillaz sono una band da massmediologi perché non hanno un perché e quindi se ne possono trovare a piacere. Grazie a questa strategia furbetta e geniale, con due cd i Gorillaz hanno venduto quasi cinque milioni di copie e il loro portabandiera Damon Albarn ha ridato fiato alle sue glorie esauste di cantante dei Blur. Lui è «inglese ma non british», come ha snobbissimamente precisato poco prima di salire sul palco. Difatti nei camerini girava vestito più o meno come Noodles in C’era una volta in America e rispondeva con la stessa sbarazzina arroganza di chi sa che, comunque e dovunque, a sparire si guadagna. Specialmente se poi si appare nel momento giusto.
Perciò eccoli qui, i Gorillaz di Damon Albarn che per rispondere a queste domande si è pacatamente sdraiato sulla moquette e per un quarto d'ora ha trasformato l’Opera House in una Broccolino anni Trenta.
Scusi Damon Albarn perché i suoi Gorillaz si fanno vedere proprio ora, dopo cinque anni di mistero?
«È una sfida logistica».
Capirai.
«Beh, per il concerto ci saranno sul palco otto violinisti, quattro coristi, la batteria è dietro a uno schermo trasparente, in Dirty Harry c’è addirittura un coro di bambini. I musicisti suoneranno tutto il nostro ultimo album Demon Days, una canzone dietro l'altra, e solo nei bis daremo spazio a Clint Eastwood, che è uno dei nostri successi».
In più ci sono gli ospiti.
«Da Ike Turner ai De La Soul fino a Neneh Cherry».
Avrebbe dovuto partecipare anche l’attore Dennis Hopper.
«È stato in forse fino all’ultimo, ma non è riuscito a far combaciare i nostri concerti con i suoi impegni sul set perché sta girando un film. Comunque in questi cinque concerti, ogni ogni brano ha una sorpresa».
Voi siete specialisti. Agli Mtv Awards i Gorillaz appariranno solo come ologrammi.
«Un’idea bellissima, farà impazzire i ragazzini, la prima volta che ho visto gli ologrammi sembravano proprio veri. E poi sarà un bel colpo. In questo modo noi staremo sul palco contemporaneamente a Lisbona e a Manchester. Insomma in due nazioni diverse. D’altronde, io mi butto sempre al cento per cento in quello che mi piace. Sia che canti nei Blur o nei Gorillaz».
Comunque fa tendenza.

In Italia gli spot del programma di maggior successo della tv, Rockpolitik, si sono ispirati al vostro video Feel good inc. L’isola che galleggia in aria seguita dagli elicotteri è diventata molto popolare da noi.
«Ah sì, Celentano ci ha preso l'idea? Non lo sapevo. Sta a vedere che se è vero lo dirò ai nostri avvocati».

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