Fallimento politiche attive per il lavoro, solo uno su quattro trova un posto

Il fallimento del programma Gol, il piano da 5 miliardi del Pnrr per le politiche attive del lavoro

Fallimento politiche attive per il lavoro, solo uno su quattro trova un posto

Gol è il programma delle politiche attive del Lavoro ideato dall'ex ministro Andrea Orlando e finanziato con 4,5 miliardi del Pnrr, più altri 500 milioni da un altro fondo. Dal Ministero del lavoro viene diramato a Regioni e Province che lo attuano sulla base dei Piani regionali approvati da Anpal.

Il programma ha l’obiettivo entro il 2025 di coinvolgere 3 milioni di beneficiari, di cui 800.000 in attività formative, 300.000 delle quali relative alle competenze digitali. Ma se l’obiettivo è il coinvolgimento degli utenti, lo scopo dovrebbe essere quello di occuparli, cioè di inserirli nel mondo del lavoro.

Come spesso accade con i programmi di formazione e delle politiche attive per il lavoro, però, proprio come è stato con il Reddito di Cittadinanza, questo scopo non viene raggiunto, e ci si crogiola solo sciorinando il numero degli inoccupati che hanno varcato la soglia di un centro per l’impiego o di un corso di formazione, magari anche per acquisire qualifiche e competenze distanti dal mercato del lavoro.

Ieri sono stati pubblicati da Anpal i primi dati, che ne hanno dimostrato il fallimento. Di 370mila beneficiari entrati nel programma (a fronte die tre milioni entro il 2025) solo 63mila, ovvero il 17%, finora ha trovato lavoro. Ulteriori 26 mila lavoratori (cioè il 7%) risultano occupati, ma con un rapporto di lavoro avviato prima dell'ingresso nel Programma e presi in carico in quanto "working poor". Complessivamente, quindi, a 60 giorni dalla presa in carico sono circa 89 mila i beneficiari che hanno un rapporto di lavoro in essere, cioè neanche 1 su 4 (24,2%). L’80% invece è in Naspi o Reddito di Cittadinanza.

Bisogna tenere conto anche che la metà dei beneficiari è inserita nel percorso 1, relativo al reinserimento delle persone più vicine al mercato del lavoro. Il resto si distribuisce sostanzialmente tra i percorsi 2 e 3, cioè di aggiornamento o di riqualificazione, mentre è pari al 3,6% la quota di coloro che necessitano di percorsi complessi di lavoro ed inclusione.

Questo mentre continua a crescere la domanda di personale laureato da parte delle imprese, ma quasi in un caso su due la ricerca risulta particolarmente difficile. Secondo i dati del Bollettino annuale 2022 del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, lo scorso anno la domanda di laureati ha superato le 780 mila unità, arrivando a rappresentare il 15,1% del totale dei contratti che le imprese intendevano stipulare, in aumento di 1,4 punti percentuali rispetto al 2021. Il 47% di questi profili, però, risulta difficile da trovare, richiedendo alle imprese una ricerca che può impegnare anche 4-5 mesi.

La difficoltà di trovare laureati da parte delle imprese è persino superiore al già elevato dato medio riferito a tutte le entrate programmate. Infatti, a fronte di una crescita significativa delle entrate previste nel 2022 (5,2 milioni, in aumento dell'11,6% rispetto al 2021 e del 12,2% rispetto all'anno prima della pandemia), il mismatch ha superato la quota del 40% delle entrate complessive, oltre 8 punti percentuali in più rispetto allo scorso anno e 14 punti percentuali in più rispetto al 2019. In termini assoluti, questo si traduce in quasi due milioni di assunzioni nel 2022 per le quali le imprese hanno riscontrato difficoltà, circa 600mila in più rispetto all'anno scorso, ma quasi il doppio (1milione) di quanto evidenziato prima della pandemia.

Il mancato incontro tra domanda e offerta è una delle grandi strozzature del mercato del lavoro italiano.

E le politiche attive del lavoro, che proprio a questo dovrebbero servire, risultano fallimentari.

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