Conte, i pescatori e i soldi alla Libia. Ma nessuno indagò

Autunno 2020. Governo giallorosso. Premier Conte, M5S, capo della delegazione Pd, Dario Franceschini, ministro della Giustizia, Andrea Orlando, all'Interno c'è Luciana Lamorgese. Allora come oggi c'è di mezzo la Libia

Conte, i pescatori e i soldi alla Libia. Ma nessuno indagò
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Non la bevo. Ho il difetto della memoria. In questo caso mi è utile come apriscatole dei sepolcri imbiancati della sinistra per trovarci la fogna occultata dalle facce toste che allora baciarono piedi e mani del sequestratore di italiani, dopo avergli sganciato milioni di euro a catinelle, e oggi s'incarogniscono a rinfacciare a Giorgia Meloni nient'altro che un atto di tutela per la sicurezza del nostro Paese.

Autunno del 2020. Governo giallorosso. Premier Giuseppe Conte, M5S, capo della delegazione Pd, Dario Franceschini, ministro della Giustizia, Andrea Orlando, all'Interno c'è Luciana Lamorgese. Allora come oggi c'è di mezzo la Libia. Da anni lì si fronteggiano, come del resto accade anche adesso, Bengasi (Libia-Est, la Cirenaica) e Tripoli (Libia-Ovest, Tripolitania). Il capo di Bengasi è in quel 2020, il generale Khalfa Belqsim Haftar, legato all'Egitto, amico dei francesi, alleato sin da allora con i russi, e tuttora sostenuto dai mercenari ex Wagner. Haftar è scatenatissimo contro Tripoli dove se ne sta asserragliato Fayez Mustafà al-Sarraj, riconosciuto dall'Onu, ma che non conta un tubo e scelto perciò con il noto fiuto infallibile prima dal governo Gentiloni e quindi dal Conte I e II come interlocutore unico per accordi sui migranti e sul petrolio.

Haftar e con lui i francesi sono perciò seccati con l'Italia, che sta dalla parte di Mustafà Serraj, il quale peraltro è estremista islamico dei Fratelli Musulmani, mentre Haftar passa per moderato. Moderato fino a un certo punto. Un due tre, ci mette nel sacco, con uno splendido lavoro di pirateria. In acque contese invia una flotta per portarsi via due pescherecci di Mazara del Vallo, intenti a raccogliere gamberi rossi. Ci sono a bordo italiani, tunisini, senegalesi, indonesiani, eccetera. Diciotto persone in tutto: un sequestro in pompa magna col pretesto fasullo del ripristino della legalità. Haftar non è capo di un governo riconosciuto, è un signore della guerra, ed è propenso a cedere petrolio a inglesi e soprattutto francesi, dai quali si rifornisce di armi pesanti e ipertecnologiche con la mediazione degli Emirati Arabi Uniti. Da lì tira missili che fanno stragi di tripolitani (lo fa ancora adesso). I quali si fanno forti, per modo di dire, di Onu e Italia. Il cui governo adesso non sa più che molluschi pigliare. Si rivolge all'Europa, che fa appelli, dice che i nostri marinai vanno rilasciati, ma non muove un ditino.

Per i libici, e per Haftar in particolare, l'Italia resta comunque importante nel Mediterraneo, almeno dal punto di vista strategico, visto che la Sicilia è una gigantesca portaerei sdraiata a un passo dalla costa africana. Il generalone di Bengasi non ha titolo, essendo tecnicamente un usurpatore, di far valere in Corti internazionali la giustezza delle accuse, che dalla loro hanno solo la prepotenza, che usa per ricattarci. Le trattative procedono, com'è giusto e richiesto dal popolo: primum vivere, deinde philosophari. L'Italia sta tutta con le famiglie dei sequestrati. Ed ecco si va sotto Natale, l'opinione pubblica italiana è concorde nel voler restituire i pescatori ai loro affetti. E sfidando l'illegalità e la legge che vieta di pagare riscatti una volta stabilito il prezzo, milioni di euro piovono nelle tasche giuste. Serviranno a comprare armi? Si chiude un occhio. Conta portare a casa vite umane, magari facendo la faccia storta per aver accondisceso alle pretese di un gradasso. Vuoi i soldi? Tienili, ma vaffa Non era questo il motto dei Cinquestelle? Haftar esige di più. Vuole il timbro di bravo-ben-fatto in fronte, stampato con un bacio del premier. Ha ricollocato i sequestrati sui loro pescherecci e viaggiano sereni. Ma adesso esagera. Haftar esige (e la cosa sta benissimo pure ai francesi) che l'imbelle Italia porti i suoi lombi, nelle persone dei suoi alti pennacchi, nel proprio ovile. Conte e Di Maio si prestano. Ragion di Stato. E appena ripartiti compilano un comunicato durissimo mentre il resto del governo plaude dove affermano: «Il governo continua a sostenere con fermezza il processo di stabilizzazione della Libia. È ciò che io e il presidente Giuseppe Conte abbiamo ribadito oggi stesso ad Haftar, durante il nostro colloquio a Bengasi». Più favoreggiamento di un sequestro di così? E la magistratura: zitta e mosca.

Vogliamo fare un paragone tra Meloni e i suoi ministri? Hanno espulso dall'Italia in quanto «estremamente pericoloso» il rappresentante ufficiale, per quanto infame, di un governo legittimo, evitando guai sicuri a nostri connazionali e ricatti paurosi in

fatti di approvvigionamento energetico.

E ad Almasri non un bacio, ma un calcio, sia pure con un piede foderato di gommapiuma. E la magistratura che fa? La incrimina. Ma va' là. Un po' di memoria basta a smutandarvi tutti.

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